Politica

Io a Cittadella c’ero

Cari lettori di questo blog anche se in questi giorni sto seguendo la vicenda della scuola marchiata Lega nel bresciano vorrei riprendere l’animata discussione che si è aperta con il mio precedente post titolato: “Il triangolo ottuso dell’ignoranza”.

Dunque riprenderò da Cittadella dove sono stata in occasione delle giornate dedicate al popolo veneto.

 Cittadella venerdì 3 settembre. Dibattito, in piazza Luigi Pierobon, dal titolo “150 anni de cosa?” durante il quale si è lungamente dibattuto sui brogli del plebiscito del 1866.

Ad un certo punto sale sul palco Simonetta Rubinato, onorevole, da sei anni sindaco a Roncade in provincia di Treviso. Rubinato si è rivolta alla piazza facendosi valere di fronte a chi, come nel caso dell’ assessore regionale Roberto Ciambetti alla domanda: “Sei italiano o veneto” risponde con orgoglio “io sono veneto”. L’onorevole Rubinato sale sul palco si prende i fischi già solo quando proferisce la parola Costituzione. Le urlano ammonendola di parlare veneto e non italiano.

Non si fa intimorire lei veneta come loro. Ha il coraggio di dire “non piangiamoci addosso. Che la memoria del passato deve servire per costruire il futuro”.

La interrompono. Ma lei continua. “Quando vado nelle scuole del mio comune porto la bandiera del Veneto dell’Italia e dell’Europa e spiego ai ragazzi che apparteniamo ugualmente a queste tre comunità”.

“La nostra storia e la nostra identità non vanno usate contro qualcuno”.

 Questa è solo una breve cronaca di introduzione alla riflessione che ho chiesto, per questo spazio blog, proprio all’onorevole Rubinato e che trovate di seguito. Buona lettura.

Si può essere al contempo veneti, italiani ed europei? E’ a questa domanda che ho cercato di rispondere durante il mio ‘contestato’ intervento alla Festa dei Veneti organizzata a Cittadella dall’associazione Raixe Venete. Approfitto di questo blog per ritornare su un tema che, come vedo, sta suscitando un certo interesse.

Alla domanda iniziale io rispondo che sì, è possibile oggi nel terzo millennio essere veneti, italiani ed europei, parlare la lingua veneta (o le sue diverse declinazioni nei vari dialetti), la lingua italiana e l’inglese o il francese. E lo dico pensando soprattutto alle giovani generazioni che hanno l’opportunità di riconoscersi in identità multiple che messe assieme possono rappresentare una vera e propria ricchezza. Perché, mi domando, dovremmo privare loro di una o dell’altra di queste identità o appartenenze?

Amare la cultura della propria terra non significa per forza odiare quella di un’altra comunità. Tutto quello che isola ed esclude, infatti, impoverisce. Per noi veneti conoscere la storia della Serenissima Repubblica è importante perché potremmo far tesoro di alcuni insegnamenti ancora attuali, magari proprio in tema di convivenza plurale e di apertura al mondo e alle diversità. Ma conoscere la storia e la cultura del proprio territorio può servirci per sapere chi siamo oggi per proiettarci verso il futuro, altrimenti rischia di essere soltanto un esercizio culturale fine a se stesso. Io provo l’orgoglio di essere veneta se mi confronto con altre persone che a loro volta si sentono orgogliose della propria identità. Se in passato, penso in particolare ai programmi scolastici, la nostra ‘veneticità’ è stata penalizzata da un malinteso eccesso di italianità, ciò non significa che oggi dobbiamo correre il rischio opposto. Vogliamo dare dignità alla lingua veneta (peraltro già riconosciuta tale dall’Unesco)? Bene, facciamolo. Ma purché questo ci faccia diventare più ricchi, culturalmente e umanamente parlando, e non più poveri.