Torno sul tema della legge anti-omofobia perché da qualche giorno assistiamo, proprio sul tema, a una rovente polemica che vede come protagonisti alcuni esponenti del Partito democratico, l’Arcigay e l’Italia dei valori.
Il tema è senza dubbio complesso, ma mi sforzerò di sintetizzare il mio pensiero.
I gay, le lesbiche e le persone transessuali subiscono ogni giorno aggressioni, violenze verbali, insulti e discriminazioni. Le subiscono perché gay, lesbiche o transessuali, e cioè in virtù del loro orientamento sessuale oppure della loro identità di genere. Questi delitti, insomma, non sono neutri rispetto all’orientamento sessuale o all’identità sessuale della vittima, ma sono dettati proprio da queste caratteristiche. Non sono, insomma, delitti qualunque.
Se non sono delitti qualunque, è chiaro che il codice penale non basta. Che fare, allora? Vi sono fondamentalmente due vie. La prima è quella di prevedere una semplice circostanza aggravante che aumenti la pena prevista per il delitto (detto perciò delitto-base). È questo, in sintesi, il contenuto del disegno di legge presentato alla Camera da alcuni esponenti del Pd (Concia e Soro).
La seconda via è quella di un’estensione della legge Mancino anche all’orientamento sessuale. La legge Mancino (come ho spiegato nel mio post precedente, cioè qui) si affianca alla legge 13 ottobre 1975, n. 654, che a sua volta ratifica la Convenzione di New York del 21 dicembre 1965 sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. La legge Mancino punisce chiunque diffonde la violenza o idee fondate sulla superiorità o incita a commettere discriminazioni per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. L’estensione della legge Mancino è prevista in un disegno di legge presentato dall’Italia dei valori.
La prima soluzione soffre di profonde lacune. L’aggravante, infatti, non può essere la soluzione ideale quando il delitto-base resta punibile a querela della persona offesa, quando cioè occorre la denuncia della vittima affinché le autorità inizino le indagini che porteranno al processo all’aggressore. Sotto questo profilo, il numero delle aggressioni denunciate è talmente basso (7 aggressioni su 10 non vengono portate a conoscenza della polizia) che si rischia di non celebrare mai neppure un processo.
Inoltre, la circostanza aggravante dovrebbe operare senza il concorso delle attenuanti, che altrimenti potrebbero annullare del tutto l’incremento di pena sperato. Devono poi essere inclusi, tra i reati-base, anche quelli contro il patrimonio, l’ingiuria e la diffamazione. Infine, occorre accompagnare l’aggravante con misure educative specifiche, quali campagne di istruzione nelle scuole ed azioni di sensibilizzazione a livello istituzionale.
Insomma, una semplice aggravante, inserita nel codice penale in modo scoordinato e asettico, rischia di non servire davvero a nulla, se non forse a dare un contentino alla comunità LGBT, da scambiare poi per una manciata di voti alle elezioni.
Ma è proprio questo il punto: il disegno di legge proposto in seno al Pd non tiene conto di queste lacune, e per queste ragioni rappresenta un tentativo maldestro destinato ad introdurre una norma dall’efficacia minima, se non nulla.
Meglio, allora, un’estensione della legge Mancino. Essa contempla infatti misure repressive ulteriori quali l’obbligo per il colpevole di prestare attività sociali o di pubblica utilità, la punizione di coloro che portano simboli di gruppi razzisti, la sottoposizione dei colpevoli a misure di sicurezza, la possibilità di effettuare sequestri e perquisizioni, la facoltà per la polizia di procedere all’arresto in flagranza, la possibilità di un “giudizio direttissimo” e così via. Una serie di misure processuali, quindi, che rappresentano gli strumenti idonei per la lotta alle aggressioni e alle discriminazioni contro le persone LGBT. Nel caso della Mancino, poi, e in particolare per i reati di istigazione all’odio e alla discriminazione, il pubblico ministero può procedere d’ufficio e il giudice non può bilanciare l’aggravante così applicata con le attenuanti eventualmente operanti: in questo modo, l’efficacia della sanzione è pienamente garantita.
Il legislatore non è un salumiere e deve fare le cose per bene, per evitare che nella fase applicativa le sue leggi non vengano del tutto disattese. Da questo punto di vista, ci sembra che l’insistenza di alcuni politici sulla sola circostanza aggravante omofobica rasenti l’ottusità. Senza contare che le misure anti-discriminazione previste dalla legge Mancino si collocano perfettamente all’interno di quel percorso di evoluzione del diritto europeo ed internazionale, che vuole gli Stati sempre più attivi contro la violenza e l’odio nei confronti di alcune categorie di persone, di recente nei confronti di omosessuali e transessuali. Solo estendendo questa legge all’orientamento sessuale e all’identità di genere si può sperare di ottenere, anche in Italia, qualche risultato di rilievo.
Peccato che i nostri politici non se ne siano ancora del tutto accorti e si arrovellino senza criterio su testi di legge inutili.
Un’ultima annotazione polemica: il testo Soro è fermo da quasi un anno in commissione. Perché se ne parla ora? Forse perché il governo vacilla e a qualcuno piacerebbe avere i voti degli omosessuali in vista delle elezioni probabilmente alle porte? Sono malizioso, lo so, ma sarà che non mi fido dei politici.
Tornerò nuovamente, e presto, sul tema.