Duccio Facchini di Qui Lecco Libera ha fotografato la pizzeria Wall Street che fu del boss della 'ndrangheta Coco Trovato. Per questo è finito sotto inchiesta
C’è un bene pubblico, confiscato alla ‘ndrangheta, che gli amministratori pubblici hanno lasciato andare in malora per quindici anni. C’è un ragazzo che ha voluto denunciare lo scandalo pubblicando sul web quattro fotografie. Indovinate chi è finito sotto inchiesta penale? Il ragazzo.
Si chiama Duccio Facchini, ha 22 anni, è uno studente e fa parte dell’associazione Qui Lecco Libera. Due settimane fa, Facchini ha scavalcato un cancello ed ha scattato quattro foto della pizzeria Wall Street, ex quartier generale del clan di ‘ndrangheta capeggiato da Franco Coco Trovato, il boss del lecchese attualmente all’ergastolo. Senza neppure toccare i lucchetti alle porte, si è limitato a immortalare le erbacce e la ruggine che assediano il grande ristorante sequestrato nel 1993 e confiscato definitivamente nel 1996. In questi 14 anni, la pubblica amministrazione non ne ha fatto nulla. Frigo, bancone e altre costose attrezzature sono ormai inutilizzabili, l’edificio mostra segni di degrado.
Il bene era stato assegnato al Comune di Lecco, che aveva messo in campo un progetto di tipo sociale, senza mai arrivare alla fase dell’attuazione concreta. Nel 2009, la Prefettura ha acquisito il bene, che intende destinare a deposito, ricambiando il Comune con un’altra pizzeria e un appartamento, anche questi confiscati ai Trovato. “Solo che che questi due immobili sono gravati da ipoteche per un milione e mezzo di euro, con grave danno per il Comune”, spiega Facchini. Da qui l’iniziativa di Qui Lecco Libera, che ha raccolto 2390 firme al grido di “Salviamo la Wall Street”.
Ma il 20 settembre, quattro giorni dopo aver pubblicato le foto, Facchini è stato convocato dalla Digos, su segnalazione della Prefettura, come persona informata sui fatti. “Il funzionario mi ha chiesto se avessi scattato io le foto. Ho risposto di sì e allora, come da procedura, sono diventato automaticamente indagato”. L’accusa: articolo 633 del codice penale. Che recita: “Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032”.
Facchini, però, quel bene non l’ha occupato e profitto non ne ha tratto. E nemmeno l’amministrazione, che invece avrebbe avuto i titoli per farlo.
di Mario Portanova
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