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Carlà: languida première dame

In questi giorni qui in Francia è un gran parlare di Carla Bruni Sarkozy (più in tv che nei bistrot o al mercato, a dire il vero). Sono usciti due libri a lei dedicati, uno “pro”, se si può dire, e uno “contro”. Nessuno dei due, come ha detto lei stessa alla CNN, “autorizzato”. Per cui lei smentisce quel che vuol smentire: che per esempio Michelle Obama le abbia confidato quanto soffra alla Casa Bianca, “quell’inferno”. Insomma, quisquilie. Diventa invece interessante, ormai, osservare il percorso della “première dame” in questi tre anni di vita presidenziale. Io credo che abbia perso una grande occasione, e mi spiego. E’ vero, come disse saggiamente Bernadette Chirac, che la moglie del presidente conta “come un soprammobile” nella vita politica nazionale. E’ anche vero pero’ che “la presidenza” è una formidabile messa in scena, a cominciare dal privato, esibito che sia (come quello di Sarkozy), o dissimulato (come quello di Mitterrand con la sua doppia famiglia). Lo capì bene Bernadette, che con i suoi modi da damazza di San Vincenzo ha però costruito, facendo leva sulla sua condizione di first lady, parecchi ospedali per bambini sofferenti. Ebbe l’idea di raccogliere “les pieces jaunes”, le monetine gialle, insomma i centesimi dell’euro, in ogni luogo pubblico del paese. Ancora oggi si sente dire dal tabaccaio, dove troneggia un salvadanaio: “et voilà, questo è per madame Chirac”. Non è una riforma politica, d’accordo. Ma una struttura per alleviare le sofferenze di migliaia di bambini è meglio di una fumosa riforma, è un fatto. Concreto, tangibile, duraturo e nel caso specifico anche ben organizzato e gestito. Mi ricordo anche di Danielle Mitterrand, che andai a trovare un paio di volte nella sede della sua organizzazione “France Libertès”. Diceva: “Magari François non è d’accordo, ma io solidarizzo con i curdi”, e dai curdi ci andava (una volta i turchi o gli iracheni, non ricordo, bombardarono il convoglio che l’ospitava), così come andava a Cuba dal suo amico Fidel Castro o in Marocco a testimoniare delle malefatte del re e dei suoi sgherri. Una militante, un po’ arruffona ma autentica e generosa. Nei due casi queste due donne sono state (e sono tuttora) coerenti con sé stesse. Hanno trovato, ciascuna a modo suo, un equilibrio tra l’assenza di una funzione e l’obbligo di un ruolo.

Ecco, Carla Bruni mi pare ancora quella di tre anni fa. La bella italiana che dice a sé stessa guardandosi intorno nei saloni dell’Eliseo: visto che roba?, ho sposato un presidente. Cherie Blair è un avvocato, Michelle Obama anche, il signor Merkel un ingegnere, la signora Zapatero una cantante lirica. Carla, beata lei, è un’ex top model. Da quando abita all’Eliseo ha fatto un cd (un fiasco, oltretutto). E’ ambasciatrice della fondazione per la lotta contro l’Aids, bene, ottimo. Ma la sua voce è flebile, per non dire inaudibile. Gli anni passano, tra meno di due forse dall’Eliseo dovrà sloggiare. Rischia di non lasciare traccia, che non sia quella del suo profumo, sicuramente delizioso. Per i francesi, nel migliore dei casi, resterà una bella presenza, un’aggraziata silhouette, una melodia appena sussurrata. Nel peggiore, un esemplare delle odiate élites, tutte arroganza e privilegio. Lo confesso: da italiano avrei voluto qualcosa di più generoso, da parte sua.