“Ma questi Giochi del Commonwealth si fanno o non si fanno?” E’ furibondo il presidente del comitato della federazione, il giamaicano Michael Fannel, che minaccia di annullare l’appuntamento sportivo in India, il cui inizio è fissato per il 3 ottobre, e che coinvolge 53 paesi sparsi sui 5 continenti. Nuova Delhi ospita i Giochi per la prima volta nella storia, seconda città dell’Asia dopo la malese Kuala Lumpur nel 1998.

A due giorni dall’ingresso degli atleti nel villaggio olimpico, che dovrebbe essere già tirato a lucido per l’evento, manca praticamente tutto, dall’energia elettrica all’acqua corrente. Le condizioni igieniche costituiscono la preoccupazione principale delle delegazioni straniere I rappresentati di Nuova Zelanda, Canada, Irlanda del nord e Scozia si sono dette pronte perfino a spostare gli atleti negli alberghi, cioé a non farli alloggiare nel villaggio. In più la dichiarazione di Fannel, resa questa mattina al quotidiano Times of India, non lascia spazio a dubbi, e rappresenta un evidente smacco per gli organizzatori indiani. Chi ha ispezionato il quartiere destinato agli atleti è rimasto semplicemente scioccato dall’arretratezza dello stato dei lavori. Poi il presidente Fannell ha insistito rivolgendosi alle autorità indiane: o vi date da fare o potrebbe saltare tutto.

Il vero problema che si nasconde – e neanche troppo velatamente – dietro le lungaggini e l’inefficienza dei lavori, ha un nome preciso: corruzione. E anche un volto, quello di Suresh Kalmadi, capo dell’organizzazione e bersaglio di pesanti critiche da parte della stampa meno governativa, che lo ha ripetutamente definito “architetto del disastro”. Nelle rare interviste concesse, Kalmadi risponde sempre placidamente ai giornalisti che tutto va bene, e che ogni cosa sarà al suo posto entro la data fatidica del 3 ottobre. La stampa, invece mostra le foto di stadi simbolicamente incerottati, o diffonde cifre allarmanti, come quella secondo sui solo 18 su 34 torri residenziali del villaggio sarebbero, a oggi, pronte per la consegna.

Inoltre i ritardi riguardano non solo gli impianti sportivi, ma anche la metropolitana che dovrebbe potenziare i pochi collegamenti pubblici di Delhi, megalopoli di 13 milioni di abitanti: in certi punti della città la metro sembra essere solo all’inizio della costruzione. Nel Dhyan Chand Hokney Stadium il prato artificiale è stato installato impropriamente, tanto da risultare pericoloso per gli atleti. Un’inchiesta giornalistica ha portato alla luce come l’appalto sia stato assegnato ad una ditta, la Jubilee Sport Techonology, priva della sufficiente esperienza nel settore, favorita in una gara d’appalto del 2009 grazie a un cavillo giuridico, nonostante i prezzi proposti non fossero esattamente concorrenziali. Le violente piogge monsoniche di luglio hanno invece danneggiato parti del soffitto dello Yamuna Sport Complex, evidentemente non così saldo come si sarebbe potuto pensare in una struttura nuova di zecca. Solo poche ore fa è crollato un ponte pedonale accanto allo stadio Nehru, quello in cui dovrebbero svolgersi la gare principali, e 23 operai sono rimasti feriti.

Solo l’aereoporto di Delhi, gigantesco e sfavillante hub intitolato alla “madre della Patria” Indira Gandhi, è già aperto, e da ben tre settimane. Uno sfoggio di ricchezza e orgoglio nazionale, che contrasta con strutture non finite o fatiscenti sparse per la capitale. Basterà questo ad acquietare Fannell e l’opinione pubblica, e far svolgere regolarmente i giochi tra il 3 il il 14 ottobre?

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