Salvatore Ippolito, primo cittadino di Castrofilippo, arrestato questa notte. Nella sua casa è stato trovato una sorta di ufficio comunale parallelo per aiutare i boss
“A casa del sindaco Salvatore Ippolito abbbiamo trovato una sorta di ufficio comunale parallelo”. Il particolare non di poco conto riguarda il primo cittadino di Castrofilippo, in quota Pdl, arrestato questa mattina con l’accusa di associazione mafiosa assieme ad altre quattro persone. Si tratta dell’inchiesta Family coordinata dalla dda di Palermo. Tutto il materiale trovato in casa del sindaco è stato sequestrato e gli investigatori ritengono che tra quelle carte potrebbero esserci ulteriori riscontri della spartizione illegale di appalti a imprese vicine a Cosa nostra.
Le indagini coordinate dalla direzione distrettuale antimafia di Palermo hanno inferto un duro colpo alla famiglia mafiosa operante a Castrofilippo, al cui vertice era posto, da anni, prima per volere dell’ex boss Maurizio Di Gati e poi dell’ex latitante Giuseppe Falsone, l’ultra ottantenne Antonino Bartolotta.
Secondo quanto si legge nell’ordinanza di custodia cautelare, il clan, avvalendosi anche della presunta complicità del sindaco, era in grado di condizionare l’assegnazione degli appalti che venivano affidati con il sistema della trattativa privata o del cottimo fiduciario. Tra le opere sulle quali la mafia aveva posto le sue attenzioni e per la cui realizzazione il sindaco Ippolito aveva garantito il suo appoggio vi sarebbero state il centro commerciale Le vigne e i capannoni del mercato ortofrutticolo di Castrofilippo.
Sulla contiguità a Cosa nostra del sindaco la procura sembra nona vere dubbi:”Salvatore Ippolito è stato eletto sindaco perché mafioso e nella sua attività amministrativa ha garantito l’organizzazione mafiosa attraverso la spartizione di appalti alle imprese vicine a Cosa nostra”. Lo ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Palermo Vittorio Teresi che ha poi spiegato come Ippolito “si è incontrato almeno in un’occasione” con il boss di Campobello di Licata, l’ex superlatitante Giuseppe Falsone, capo di Cosa nostra della provincia di Agrigento, durante il periodo della latitanza.
Ippolito, secondo quanto è emerso dalle indagini ha anche partecipato a diversi summit della cosca mafiosa di Castrofilippo presieduti dal vecchio boss Antonino Bartolotta. Riunioni che secondo le accuse dovevano servire a spartire gli appalti. Tra le opere pubbliche finite nel mirino di Cosa nostra