Lorenzo Rudolph Francis è in Svizzera. Il ministro della giustizia dell’isola di Saint Lucia, l’uomo più ricercato dalla stampa italiana in questo momento, si trova in Europa e non ha nessuna voglia di parlare del documento che sta facendo accapigliare finiani e berlusconiani. C’è il nome di Francis sotto la lettera che sembra a prima vista inchiodare il cognato di Fini. Dopo aver descritto l’iter della casa, passata dal patrimonio di An a quello di una società di Saint Lucia, Printemps Ltd, che poi lo ha ceduto a una seconda società, la Timara Ltd, l’autore scrive: “È stato possibile accertare che il signor Tulliani è il titolare effettivo (beneficial owner nel testo originale ndr) della società”.
Da quando, nel pomeriggio del 21 settembre la lettera firmata dal ministro della giustizia di Saint Lucia, Lorenzo Rudolph Francis, e diretta al premier dello staterello delle Antille, King Stephenson, è stata pubblicata dal giornale on-line El Nacional di Santo Domingo e poi rilanciata in Italia dal sito internet Dagospia, tutti si pongono una domanda: “quel documento è vero o falso?”. Il Fatto Quotidiano è riuscito a porre questa domanda a Francis e la risposta è stata, “è vero”.
Il Fatto raggiunge Francis solo alle otto e mezza di sera. L’inseguimento è partito nel primo pomeriggio in Italia, all’apertura degli uffici governativi dell’isola delle Antille. In quelle ore i politici a Roma offrivano letture inquietanti sull’origine del documnento. “È una patacca”, dicono all’unisono i Finiani, “c’è dietro la manina dei servizi”. Poi in serata ad Anno zero Italo Bocchino sarà più preciso e punterà il dito contro alcuni personaggi vicini a Berlusconi. Bocchino intravede la manina di Valter Lavitola, editore del giornale socialista L’Avanti, e imprenditore specializzato nel commercio di pesce in sudamerica, accompagnatore del premier nei suoi viaggi e compagno delle sue serate allegre in compagnia di belle e giovani ragazze. L’altro nome tirato in ballo da Bocchino è quello di Vittorugo Mangiavillani, un giornalista del Velino che avrebbe avuto un ruolo nel far finire la presunta “patacca” dagli uffici di Saint Lucia alla redazione del Giornale di Vittorio Feltri. Gli interessati annunciano querele e smentiscono.
Intanto, nella capitale di Saint Lucia, Castries, non c’è nessuno disposto a parlare di una materia così bollente. La lettera pubblicata dal Nacional di Santo Domingo e rilanciata dalla stampa italiana, è devastante anche per la politica di Saint Lucia. I ricchi di tutto il mondo vengono a costituire le loro società qui perché sanno che non esiste posto al mondo più ostile per i ficcanaso della Guardia di Finanza o della stampa. La lettera di Francis – se vera – rischia di far saltare l’economia dell’isola caraibica. Un ministro che indaga sulla proprietà di una società anonima e che riporta i risultati della sua indagine al premier su carta intestata, sembra un’assurdità, che a Saint Lucia è data per impossibile, più di una nevicata.
Che il primo ministro Stephenson e il ministro Francis non abbiano intenzione di parlare è ovvio. “Il ministro è fuori fino a venerdì”, dice la segretaria di Francis. Allo studio legale di Saint Lucia dove Francis ha lavorato fino a pochi mesi fa, prima di essere nominato, però una persona gentile ci fa il dono del suo numero di telefonino. Il ministro risponde con sorpresa e non ha nessuna intenzione di dilungarsi. Questo è il testo della conversazione.
Ministro Francis ha letto la lettera pubblicata dal Nacional e poi dalla stampa italiana, cosa ci dice al riguardo?
“La prossima settimana rilasceremo un comunicato ufficiale su questa materia”.
Ma quel documento è vero o falso?
“È vero”.
Quindi ha scritto lei il documento? Lei dice che è vero?
“Sì, sì, faremo un comunicato ufficiale la prossima settimana”.
Perché aspettare tre giorni?
A questo punto il ministro chiude frettolosamente. Prima di parlare con Francis, il Fatto Quotidiano.it aveva cercato di chiarire il giallo a partire dal testo della lettera, unico elemento disponibile. Un cronista, dopo aver notato la stranezza di un link blu tipico delle carte digitali, e una differenza tra i caratteri ufficiali rispetto a quelli della lettera al centro del caso Tulliani, aveva chiamato la stamperia del Governo. Un funzionario, Junior Aimable, ha risposto: “siamo solo noi a stampare le carte ufficiali, non facciamo carte digitali e non mi ricordo che ci abbbiano mai chiesto di cambiarle”. L’apparente discrasia tra la conferma di Francis al Fatto e la versione della stamperia potrebbe in teoria spiegarsi con un mutamento recente della carta intestata dovuto al cambio di guardia nel dicastero. Ma chi è l’uomo di Governo che ha inferto dai Caraibi questo colpo durissimo al presidente della Camera Gianfranco Fini?
Lorenzo Rudolph Francis, detto Doddy, è un avvocato fiscalista ed è stato nominato ministro il 16 luglio scorso dopo il licenziamento del predecessore Nicholas Frederick. Francis, prima di darsi alla professione era stato per molti anni un funzionario pubblico e ha lavorato nell’agenzia fiscale di Saint Lucia. Sul sito della Sec, l’Autorità di controllo della borsa americana, il nome di Francis è citato in un documento che non contiene giudizi entusiastici su di lui. La lettera è firmata da Jonatan Malamud, presidente del Map Financial Group, una società che si occupa di credito e che faceva affari fino al 2008 con la la Tcl, creata e diretta dall’allora avvocato Francis che offriva prestiti veloci on-line. Il partner di Francis, Malamud, prima di chiudere il rapporto con Tcl scrive: “abbiamo più volte attirato la vostra attenzione sul tasso di insolvenze tra i prestiti emessi dal vostro ufficio Tcl. La percentuale è del 25 per cento, un tasso che troviamo abbastanza allarmante e inaccettabile”.
Da il Fatto Quotidiano del 24 settembre 2010