La struttura è stata incredibilmente costruita su una zona paludosa. Per questo l'inaugurazione, prevista per la scorsa primavera, è stata rinviata al 2011
Un ospedale costruito sopra un ex palude. Fondamenta infilate nell’acqua. E quell’acqua ora ha già infiltrato alcune sale della stessa struttura. La situazione dura da tempo e capita all’avveniristico ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, opera da 340 milioni di euro per 1.200 posti letto. Un bel pasticcio per quello che il governatore Roberto Formigoni ha definito “un fiore all’occhiello della sanità lombarda”. Sì perché i lavori di consolidamento, pensati e calcolati, non sono sufficienti a contenere la falda. Conclusione inevitabile: l’inaugurazione prevista per la per la primavera 2010, spostata a quest’inverno, slitta verso la fine dell’estate 2011. Un’altra grana per il nuovo ospedale, già finito sotto la lente della procura per una vicenda che riguarda presunte irregolarità in alcuni capitolati d’appalto relativi alla fornitura di attrezzature.
Nel Papa Giovanni XXIII Regione Lombardia ha investito prestigio e soldi. Mettendoci 14 milioni di euro (il resto arriveranno dallo Stato e dall’alienazione dell’area del vecchio ospedale), più una ventina per le apparecchiature. E’ una vera disdetta che adesso l’acqua sia affiorata sotto la torre cinque, vicino alle cabine elettriche che dovranno alimentare la cardiochirurgia.
Si poteva prevenire l’inconveniente? Probabilmente sì. Ad esempio costruendo l’ospedale alla Martinella, la zona individuata inizialmente per il collocamento della grande opera.
Ma alla fine i politici optarono per l’umidissima area della Trucca. Contro il parere degli stessi estensori del vecchio piano regolatore. Interpellato dal quotidiano online Bergamonews, l’architetto Vittorio Gandolfi lo ha detto chiaro e tondo: quel terreno ai piedi dei colli tende a inzupparsi d’acqua. “Era cosa notissima, bastava chiederlo ai contadini che si vedevano spesso i campi inondati”. Il consiglio comunale però non tenne conto del parere degli esperti. “Avevamo esplicitamente espresso tutte le nostre perplessità – precisa Gandolfi – mentre per l’allora direttore generale l’ubicazione era indifferente. Alla fine hanno scelto la Trucca, contro il nostro parere”.
Il risultato è che ora serviranno tempo e altri soldi per rendere perfettamente impermeabili i sotterranei del nuovo ospedale. Soldi che il direttore generale degli Ospedali Riuniti Carlo Bonometti non vuole scucire, rimpallando la responsabilità alla ditta incaricata dei lavori.
“Il fenomeno è molto contenuto, ma abbiamo il dovere di esigere che ci venga consegnata un’opera senza la minima imperfezione – spiega – Che la zona avesse certe caratteristiche idrogeologiche è noto da sempre, tanto che fin dall’accordo di programma del 2000 fu inserita un’indagine in tal senso tra i documenti ufficiali del concorso internazionale di progettazione. Ora occorre individuare le cause di queste infiltrazioni e abbiamo già disposto una perizia. Certamente se qualcuno ha sbagliato non sarà l’azienda ospedaliera ad assumersi ulteriori oneri”.
Ma la Trucca non pare il posto ideale per costruirci un ospedale non solo per via della falda. Il Papa Giovanni XXIII sorge sulla rotta di decollo del trafficatissimo aeroporto, che dista meno di 4 chilometri. Quando se ne sono accorti, quelli dell’Enac hanno modificato la traiettoria di partenza, obbligando i piloti a una secca virata. La scusa è stata quella del rumore: peccato che ora gli aerei sorvolino i tetti del quartiere di Colognola, spingendo gli abitanti sull’orlo dell’esaurimento nervoso. Non è finita. A Mozzo, a un chilometro e mezzo in linea d’aria, c’è una fabbrica chimica inserita nella lista delle aziende a rischio di incidente rilevante. “L’ho fatto presente anche in Regione: l’ospedale è a un tiro di schioppo” osserva Giulio Peroni, sindaco del paese, che non risparmia nemmeno gli ambientalisti: “Vogliono il verde ma non si preoccupano per eventuali nubi tossiche…”. Insomma, forse il Papa Giovanni XXIII era meglio costruirlo altrove.