Quasi l'84 per cento dell'immondizia finisce nella raccolta indifferenziata. Se non si trovano soluzioni alternative, la situazione rischia di esplodere
Tempo pochi mesi, e le discariche di Napoli e provincia tracimeranno. E l’emergenza rifiuti di questi giorni farà sorridere rispetto a quella che si prospetta se non verranno individuate soluzioni alternative. Lo si capisce dall’incrocio dei dati raccolti dall’Agenzia Regionale per l’Ambiente della Campania coi numeri relativi alla spazzatura conferita quotidianamente nei due sversatoi in funzione sul comprensorio napoletano, a Chiaiano e Terzigno. E’ questa la ragione per cui il governo Berlusconi, attraverso il sottosegretario e capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, sta conducendo un pressing forsennato per l’apertura di una nuova, enorme discarica a Terzigno, in Cava Vitiello, nel Parco Nazionale del Vesuvio, a poche centinaia di metri da quella, molto più piccola, già attiva e in via di esaurimento. Cava Vitiello, individuata in località ‘Pozzelle’, fa parte dell’elenco degli impianti individuati dal governo in un decreto-legge del maggio 2008. Potrebbe accogliere sino a tre milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti, e quindi fornire da sola due-tre anni di autosufficienza al ciclo dei rifiuti a Napoli. Anche di più, se nel frattempo si migliora la raccolta differenziata e si riesce a far funzionare a pieno regime l’inceneritore di Acerra. Ma è contro questa ipotesi che si stanno battendo i comitati civici dei comuni ricadenti nel Parco. E da stamane il sindaco di Boscoreale Gennaro Langella ha iniziato lo sciopero della fame per protestare contro quello che riterrebbe “un danno irreversibile per il nostro territorio”.
I dati. Nel 2008, l’Arpac ha calcolato che Napoli e provincia hanno prodotto 1.612.853 tonnellate di spazzatura. Di queste, 1.349.521 tonnellate sono costituite da rifiuto indifferenziato (83,67%) . Il resto, 263.331 tonnellate, rappresentano un misero 16% di raccolta differenziata. Una percentuale che purtroppo non risulta particolarmente migliorata negli ultimi due anni, e resta lontana dal 35% stabilito dalla legge. Troppa monnezza finisce nelle discariche, anche una buona parte di quella che potrebbe essere riciclata.
Discarica di Terzigno. Secondo una relazione agli atti dell’assessorato provinciale all’Ambiente, nel maggio scorso lo sversatoio di Cava Sari nel Parco Nazionale del Vesuvio aveva una capacità residua di circa 400.000 metri cubi su 750.000 complessivi. Una previsione ottimistica, fondata sul dato di un conferimento medio di 1000 tonnellate al giorno, fissava nell’estate 2011 la data approssimativa dell’esaurimento. Solo che negli ultimi mesi il conferimento medio si è attestato sulle 1500 tonnellate al giorno. Per sfiorare le 2000 tonnellate in giornate particolarmente critiche. C’è quindi il fondato pericolo di vedere Cava Sari, aperta il 15 giugno 2009, già piena fino al colmo tra gennaio e febbraio 2011.
Discarica di Chiaiano. Aperta nei primi mesi del 2009, è l’unica situata nella città di Napoli. Venne inaugurata tra polemiche e contestazioni mai sopite fino in fondo. E’ di pochi giorni fa il corteo ‘a sorpresa’ degli attivisti di Chiaiano, una zona di periferia, nel lontano quartiere collinare del Vomero, il salotto buono dello shopping. Circa 200 manifestanti si sono spinti sin lì grazie a un blitz nel convoglio della linea 1 della metropolitana. Spiazzando così le forze dell’ordine, convinte che la protesta non si sarebbe spostata dalla stazione chiaianese. La discarica in questione ha una capacità complessiva di circa 700.000 metri cubi. Nel maggio 2010 la capacità residua era di 450.000 metri cubi. Dovrebbe esaurirsi nell’ottobre 2011. Ma solo se si stabilizzerà il dato del conferimento medio di 800 tonnellate al giorno. Attualmente si viaggia abbondantemente oltre le 1000 tonnellate e quindi anche qui c’è la possibilità che i tempi di chiusura possano anticiparsi.
Inceneritore di Acerra. Progettato per bruciare 2000 tonnellate di immondizia tritovagliata al giorno, adesso non riesce a bruciarne più di 500 a causa dei numerosi guasti che di fatto hanno bloccato due forni su tre.