Dopo la denuncia di Qui Lecco Libera, comincia il trasloco dei primi faldoni. Ma l'associazione chiede la restituzione del covo all’amministrazione cittadina, per un utilizzo più “pubblico”
E poi dicono che protestare non serve a niente. Sono bastate quattro fotografie a smuovere le acque di una storiaccia che andava avanti da quindici anni, quella della pizzeria Wall Street di Lecco, un immobile da 500 metri quadri confiscato al clan Coco Trovato nel 1996 e ancora inutilizzato dalla pubblica amministrazione. Ieri alcuni funzionari della Prefettura, attuale assegnataria della Wall Street con il progetto di farne il proprio archivio-deposito, hanno cominciato a traslocare i primi faldoni di documenti.
Martedì 21 settembre, Il Fatto on line aveva raccontato come un giovane attivista dell’associazione Qui Lecco Libera, Duccio Facchini, era finito sotto indagine penale per aver pubblicato quattro fotografie che documentavano lo stato di abbandono della pizzeria Wall Street. Il giorno stesso sono intervenute due parlamentari del Pd, la capogruppo in commisione antimafia Laura Garavini e Lucia Codurelli. La prefettura di Lecco, hanno affermato “ha due responsabilità: la prima nell’aver lasciato che il bene restasse in totale abbandono per più di dieci anni, che è quello che le mafie vogliono, la seconda nel perseguire chi ha segnalato il problema, invece di verificare come rimediare presto e bene a questo errore”.
Le parlamentari hanno chiesto l’intervento del ministro dell’Interno Roberto Maroni, perché “l’avversario da denunciare è la mafia, non chi si batte contro le mafie, soprattutto se è un cittadino che ha voglia di cambiare le cose”. Due giorni dopo i commessi della Prefettura erano già sul posto a portare i faldoni (la scena, con nuovo scambi polemici, è stata puntualmente ripresa da Qui Lecco Libera.
Lieto fine? Niente affatto, replica Facchini. Ammesso che ai primi faldoni seguano in fretta tutti gli altri, Qui Lecco Libera contesta l’intera gestione della vicenda. Il bene era stato assegnato al Comune di Lecco, ed è passato alla prefettura nel 2009, proprio quando il Comune era guidato da un commissario nominato dalla prefettura stessa. “Una scelta in conflitto d’interessi”, denuncia il rappresentante dell’associazione, “il Comune ha avuto in cambio due beni gravati da ipoteche, con una procedura secondo noi poco trasparente, senza perizie, contratti, valutazioni patrimoniali. In quel momento, il capo di gabinetto della Prefettura, Stefano Simeone, era anche vicecommissario prefettizio del Comune”. L’associazione chiede quindi la restituzione della Wall Street all’amministrazione cittadina per un utilizzo più “pubblico”, visto anche il suo alto valore simbolico nella lotta alla mafia.
Proprio l’attuale prefetto Marco Valentini ha fatto partire la querela di parte che ha portato alla incriminazione di Facchini, autore delle quattro imbarazzanti fotografie, per “invasione arbitraria di terreni o edifici altrui”.