Silvio Berlusconi chiederà la fiducia al documento programmatico domani in aula. Durante il vertice a Palazzo Grazioli il premier ha deciso di tornare sulle posizioni di forza. I 316 parlamentari senza finiani, che stamani sembravano un miraggio, appaiono un traguardo quasi raggiungibile; grazie anche ai 5 deputati dell’Udc e due dell’Api che si sono iscritti oggi al gruppo Misto. Gli ex dell’Udc sono tutti legati all’ex presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, condannato in primo e secondo grado per favoreggiamento aggravato alla mafia. Indicato come tessitore degli spostamenti dall’Udc a favore di Berlusconi. Tanto che persino il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, ha fotografato la situazione: “Si va verso un governo Bossi-Berlusconi-Cuffaro”. In realtà, Cuffaro, proprio per non mettere in imbarazzo l’esecutivo, resta defilato. Ci sono però i suoi uomini. Che bastano e avanzano. Giuseppe Drago, condannato definitivo per peculato. Francesco Saverio Romano, più volte indagato sotto inchiesta per fatti di mafia e oggi indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Calogero Mannino, assolto dall’accusa di concorso esterno dopo una travagliata vicenda giudiziaria durata 17 anni.I tre oggi hanno dato vita a una nuova componente del gruppo misto il Pid, Popolari per l’Italia di domani. I cinque fuorisciti dall’Udc hanno spinto il leader, Pierferdinando Casini, a denunciare “la compravendita in atto, una compravendita squallida e indegna di parlamentari”.
In soccorso del Governo anche Giuseppe Ruvolo, Michele Pisacane, Bruno Cesario e Massimo Calearo, l’ex leader di Federmeccanica scelto da Valter Veltroni come deputato del Pd, poi passato all’Api di Francesco Rutelli e adesso autocandidatosi alla poltrona di ministro dello sviluppo economico. L’esecutivo va verso la maggioranza Gomorra.
Lasciando cadere la proposta di confronto avanzata dal gruppo di Futuro e Libertà, dunque, il premier tenta l’affondo e l’estromissione dalla maggioranza degli uomini della terza carica dello Stato. Che prima annunciano: la fiducia si dà sulla base dell’intervento di Silvio Berlusconi, poi, dopo le rassicurazioni del premier (“faremo chiarezza”) annunciano che voteranno a favore. E’ Italo Bocchino a dirlo: “Se sarà così sosteremo la maggioranza”. Di fatto durante la conferenza dei capigruppo di Montecitorio è stato deciso di dare spazio anche alla discussione in aula. Così il presidente del Consiglio terrà il proprio discorso a partire dalle 11. A seguire ci sarà uno spazio per il dibattito a cui Berlusconi replicherà dalle 16.30. Il voto di fiducia è previsto per le 19.
Oggi tra i finiani non c’era stata una linea condivisa. “Ci riuniremo e valuteremo”, aveva detto Carmelo Briguglio, “la fiducia è collegata all’intervento di Berlusconi”. Ma se nei cinque punti “ci mette cose che non sono nel programma non la votiamo”, aveva precisato Fabio Granata. In serata è arrivata la posizione unica di Fli per bocca del capogruppo, Bocchino: “Porre la fiducia rappresenta una tesi, quella di appellarsi a tutta la maggioranza, che valutiamo positivamente”.
I tentativi di essere riconosciuti come terza gamba, sono comunque falliti. “Se non ci sarà un’intesa su un documento condiviso, Futuro e Libertà potrebbe presentare in aula domani una risoluzione autonoma”. L’ultimatum al premier l’aveva lanciato Benedetto Della Vedova, vicecapogruppo vicario di Fli. Già lunedì, il capogruppo Italo Bocchino aveva invocato la presenza di Fli alla discussione sul documento condiviso che il premier domani porterà alla Camera. Ma al vertice del Pdl, convocato da Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli, i finiani non sono stati invitati.
Si apre dunque un confronto aspro in aula. Berlusconi vuole contare i voti e nel pomeriggio ha deciso di porre la fiducia al voto domani in aula. Che deve passare senza Futuro e Libertà. I finiani vogliono il riconoscimento politico come forza di maggioranza, altrimenti sono pronti a non sostenere il documento programmatico e presentarne uno alternativo. Una informale sfiducia al premier e ai suoi cinque programmatici. Sulla giustizia i finiani bocceranno il processo breve, le intercettazioni e le leggi ad personam, proponendo di ripescare il ddl anticorruzione finito, ha detto Bocchino ai suoi, “in qualche cassetto impolverato”. E uno dei passaggi chiave del documento autonomo dei finiani sarà proprio sulla giustizia. Partendo da una proposta: “Chi è stato condannato per concussione non deve avere alcun tipo di incarico parlamentare né pubblico”. Il documento è pronto già da ieri sera ma, spiega Della Vedova, “aspettiamo oggi pomeriggio” nella speranza “che alla fine si arrivi a una soluzione intelligente”. Perché, aggiunge, “non siamo all’asilo Mariuccia” e se “si vuole rafforzare il governo non si può escludere Fli”. Ed è invece questo l’obiettivo del premier. La partita rimane dunque quella tra Fini e Berlusconi. E gli uomini del presidente della Camera sanno che la battaglia dall’aula si sposterà alle urne. Così Fli si organizza sul territorio.
Lunedì sera Italo Bocchino ha incontrato i responsabili dei 130 circoli lombardi di Generazione Italia. Ha dettato la linea politica e annunciato la nascita del partito. “I circoli di Generazione Italia saranno i circoli di Futuro e Libertà e chi è iscritto alla fondazione non pagherà per il primo anno la quota per il partito”, ha detto Bocchino. “Fondare il partito è un passaggio necessario da fare il prima possibile”, dice Angela Napoli. “Dobbiamo strutturarci sul territorio, a prescindere dalle elezioni anticipate”, le ha fatto eco Della Vedova. L’unica finiana critica per l’accelerazione verso strutture partitiche è la deputata Catia Polidori, fedelissima di Fini e avvicinata dal Pdl per ritornare da Berlusconi. “E’ chiaro che dipende dal premier, se decide di non confrontarsi con noi allora sarà un passaggio necessario” perché, dice, “se andiamo al voto un partito è indispensabile”. La linea tratteggiata dalla deputata umbra tra la mancanza di discussione e il voto anticipato è condivisa anche da Angela Napoli che, però, si dice favorevole a un governo tecnico. “Non mi spiacerebbe. Fine legislatura è troppo distante, che si possa andare alle urne a marzo è da valutare bene. Dipende dalla responsabilità di tutti, credo convenga inserire un passaggio tecnico per cambiare la legge elettorale perché altrimenti il voto anticipato favorirebbe solo la Lega”. E serve tempo per strutturare il partito, per quanto parta dalla base dei circoli di Generazione Italia.
Intanto è stato calendarizzato per giovedì alle 9.30 il discorso del premier in Senato. Un voto sul documento per “contarci”, ammette il ministro della Difesa, Ignazio La Russa. Un atteggiamento “a dir poco irrituale” secondo Della Vedova. Servirebbe “una bella discussione della maggioranza. Il percorso lineare sarebbe: decidiamo insieme un documento che firmano i tre capigruppo, poi si passa in aula e si prosegue il lavoro”. E invece “niente di tutto questo”. I finiani “li incontriamo per strada”, ha rincarato con una battuta La Russa entrando al vertice di Palazzo Grazioli. Nella residenza romana di Berlusconi sono presenti i coordinatori nazionali Sandro Bondi, Denis Verdini e La Russa, i capigruppo di Camera e Senato, Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, il vicecapogruppo a Palazzo Madama Gaetano Quagliariello, l’avvocato del premier e deputato Pdl Niccolò Ghedini, i ministri Giulio Tremonti, Altero Matteoli e Franco Frattini, i sottosegretari alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti e Gianni Letta. A Palazzo Grazioli i finiani non sono stati invitati. E così porteranno le loro richieste direttamente in aula. Con un documento che sa di sfiducia al presidente del Consiglio.