L’On. Fabrizio Cicchitto ha messo a disposizione del partito il suo incarico in direzione. Lo ha detto Lui stesso facendo la seguente sichiarazione: “Ho commesso l’errore di sottoscrivere una domanda di adesione alla massoneria attraverso la loggia P2” . Devo dire – aggiunge – che non mi furono chiesti né interventi di alcun tipo, né mutamenti di posizioni politiche. Poi, anche in seguito a una più attenta riflessione, non ritirai la tessera né pagai quote associative. Riconoscendo il mio errore sento quindi il dovere di darne testimonianza, rompendo una sorta di catena del silenzio che rischia di rafforzare una spirale che può rendere sempre più difficile la milizia politica, senza dover ricorrere alla copertura di apparati, di protezione o di associazioni”.
“Quello che più mi amareggia in questo momento – prosegue – è di essere coinvolto in questa torbida vicenda, non avendo nulla da rimproverarmi, in piena coscienza, non solo sul terreno politico, ma anche su quello dei comportamenti concreti. Per quanto mi riguarda ritengo che l’affermazione piena della verità sia la prima condizione per acquistare interamente in avvenire la possibilità di parola politica, senza inquinamento di dubbi e sospetti” .
L’ On. Cicchitto così conclude la sua dichiarazione: “Sono consapevole del mio errore di valutazione e non voglio che esso pesi in alcun modo sul partito e sui compagni ai quali sono politicamente legato. Per questo rimetto a disposizione del partito il mio posto in direzione e accetterò ogni decisione del partito stesso”. (Ansa 21-MAG-81 19:01)
Di seguito il commento di Gianpaolo Pansa pubblicato su ‘La Repubblica’ qualche giorno dopo.
Un giorno dell’autunno 1979, un giovane deputato di un partito di governo viene messo sull’avviso da qualcuno: “Attento, i telefoni sono controllati”. Il parlamentare si allarma, ma non si rivolge alla magistratura. Chiede aiuto ad un amico e costui scopre delle microspie un po’ artigianali, però in grado di far bene il loro lavoro. Le “cimici” vengono disattivate e tutto sembra finire lì. Passa qualche tempo e quel deputato si accorge di essere pedinato. Lo scopre leggendo una serie di rapporti anonimi che gli vengono racapitati per posta. Sono rapporti minuziosi nei quali è registrato lo scorrere delle sue giornate, persino gli incontri più riservati, persino le vicende personali.
Il parlamentare comincia ad avere paura e decide di raccontare tutto a chi gli ha rivelato l’inquinamento dei suoi telefoni. Costui (che poi risulterà essere uno della P2, ma non uno qualunque, bensì un reclutatore, una specie di capocolonna) lo rassicura: “Ho un amico che ti può aiutare, fra qualche giorno te lo farò conoscere”. L'”amico” è proprio Gelli. Il gran maestro riceve il deputato nel suo sallotto all’Hotel Excelsior, lo ascolta, lo tranquillizza: ci penserà lui, quella persecuzione presto finirà. Avendo da un pezzo imparato a stare al mondo, il deputato gli chiede: “Lei mi aiuta, ma in cambio di che cosa?”. in cambio di niente, risponde Gelli: sarà sufficiente che il deputato gli faccia l’onore di aderire alla loggia.