Il tribunale del Lavoro di Milano boccia il ricorso del comune del Varesotto e lo obbliga a erogare il contributo a tutti i nati dal 2007 ad oggi. Non solo ai figli di italiani. Il sindaco: "Sentenza che non corrisponde al sentire dei cittadini"
“Questa sentenza – spiega l’avvocato Alberto Guariso, che ha seguito la causa e i ricorsi per Asgi e Avvocati per niente – rende giustizia alle nostre richieste. Ripristina la parità di trattamento obbligando il comune a porre rimedio a una discriminazione”. In sostanza, l’amministrazione di Tradate aveva presentato reclamo contro la sentenza di primo grado, che a luglio aveva ordinato la sospensione del provvedimento, definendolo “discriminatorio”. Gli avvocati delle associazioni che rappresentano gli immigrati hanno deciso di presentare a loro volta un reclamo, contestando quella parte di sentenza che non ordinava al comune di pagare gli arretrati”. Il giudice Silvia Ravazzoni, nella sentenza di appello, ha definito “pienamente condivisibili” le decisioni del giudice di primo grado riguardo al comportamento discriminatorio, ricordando “il principio costituzionale di uguaglianza” che “non tollera discriminazioni”. E, appunto, ha ordinato al comune di pagare i bonus non erogati dal 2007 (anno di pubblicazione della delibera) ad oggi.
Raggiunto al telefono da ilfattoquotidiano.it, il sindaco di Tradate Stefano Candiani, segretario provinciale della Lega Nord, dice di non avere ancora notizia della sentenza, ma rilascia una dichiarazione sarcastica: “Sono soddisfattissimo come cittadino, perché la giustizia ha dato prova di saper completare due gradi di giudizio in poco più di tre mesi”. Sollecitato sulle disposizioni della sentenza, Candiani si lascia andare: “Rispettiamo le sentenze, ma in questo caso non corrispondono al sentire dei cittadini. Prima di dire che ci adegueremo alla sentenza, voglio ricordare che ci sono tre gradi di giudizio”. Nel ricorso presentato ad agosto, il comune di Tradate aveva definito questo bonus “un incentivo contro la morte dei popoli”, sollevando dure polemiche, tra cui quello di “provvedimento nazista”. Ma Candiani non ritratta: “Voglio ripeterlo – continua – il nostro intervento sulla natalità non voleva essere di carattere sociale, ma squisitamente demografico. Alla luce della sentenza, faremo riflessioni di carattere politico, perché questa è una sentenza politica”.