Politica

Vendola, non scherzare con Maroni

Le immagini del Tg7 del 29 settembre mi hanno colpito. Si vedono Nichi Vendola e Franco Giordano (ex segretario di Rifondazione) che si intrattengono con Maroni. Il giornale di Mentana è riuscito a cogliere una frase del ministro dell’Interno – “per me si vota a marzo” – che dimostra quanto la Lega non creda in nulla nell’esito positivo della fiducia votata alla Camera. Una notizia, carpita sapientemente dagli uomini del Tg7, che però ne nasconde un’altra. Le immagini, infatti, emanano una dimestichezza inusitata dei tre, una giovialità di troppo: la pacca sulla spalla, il saluto amichevole, la cordialità esibita. Ma perché rapportarsi così a chi non fa che esibire, ogni giorno, in ogni sua dichiarazione, una costante crudeltà sociale?

Sì, crudeltà. Le dichiarazioni di Maroni fanno riaffiorare alla memoria “la banalità del male” di Hannah Arendt. Maroni non rappresenta un’anomalia, un’eccezione, la sua ostilità verso i migranti potrebbe essere quella di chiunque, non c’è un animo maligno che lo muove. Per questo è pericoloso. Si comporta normalmente, come si comporterebbero i suoi elettori, anzi di questa immedesimazione mena vanto e godimento. Anche se si tratta di posizioni raccapriccianti.

Una motovedetta libica spara addosso a un peschereccio italiano? “Evidentemente c’è stato un errore di interpretazione – dice Maroni – è stato scambiato il peschereccio per una barca che, non fermandosi all’alt, immaginavano avesse a bordo clandestini”. Lo dice così come se ordinasse un cappuccino. Non si accorge nemmeno dell’enormità appena esposta. Così come quando commenta le espulsioni di Rom in Francia ordinate da Sarkozy: “Non è certo una novità, dice. Anche l’Italia usa da anni la tecnica dei rimpatri assistiti e volontari. La Francia non sta facendo altro che copiare l’Italia”. E visto che bisogna essere i migliori, annuncia che l’Italia dovrà fare un passo in più, espellendo anche cittadini comunitari: “Sì, espulsioni come per i clandestini”.

Pazienza, se l’unico precedente di questo genere sia stato applicato nella Germania nazista, Maroni non ci pensa proprio a simili paragoni. E così, per aggiungere, ferocia a crudeltà spiega che “nessuna delle famiglie che saranno allontanate dai campi nomadi regolari di Milano e che hanno i titoli per restare in città, saranno ospitate in alloggi popolari, come originariamente previsto nel piano per l’emergenza rom”. Nessuna, deportati anche questi, anche se vivono a Milano da decenni, sono italiani, hanno bambini. Non ci sono ragioni, la banalità del male significa non farsi domande, non farsi prendere dalle emozioni, non farsi intimidire. Perché per Maroni “una politica lassista fa crescere la paura, l’ostilità e la diffidenza verso gli immigrati e provoca insicurezza all’origine dei respingimenti quotidiani nella vita delle nostre città, a scuola, sul lavoro e nei luoghi del tempo libero”. Solo le bastonate, più o meno metaforiche, possono aiutare gli immigrati, capito?

E allora, perché farsi fotografare e riprendere in posizioni amichevoli con chi parla così e pensa anche peggio? Si può essere cortesi, certamente, soprattutto se si hanno incarichi istituzionali. Ma allora è sufficiente stringersi la mano, dirsi buongiorno e buonasera. La cordialità, l’ammiccamento, il sussurrarsi segreti restituiscono quell’idea per cui alla fine “sono tutti uguali”, le posizioni di schieramento diventano una posa, un “teatrino”, e alla fine prevale la comune condizione di “politico”. Tutti nella stessa casta, tutti nella stessa melma.

E allora, un consiglio: se volete dare di voi un’immagine alternativa, per favore, non scherzate con quelli come Maroni e soprattutto non fategli credere che siano esseri umani.