Sulla scia di Giuliano Amato (e, prima di lui, Jürgen Habermas), Riccardo Chiaberge ci ha spiegato a Marina di Pietrasanta come “i credenti abbiano una marcia in più rispetto a quanti tali non sono”. Insomma, la teoria del Postsecolarismo; coltivata in Italia sulle pagine di Reset: il cerchiobottismo applicato al dibattito sulla laicità.
Di per sé stessa una tesi poggiata su fondamenta a dir poco traballanti: la democrazia non possiederebbe la forza intrinseca per reggere l’impatto col multiculturalismo (e l’Islam all’attacco), sicché deve correre a ripararsi sotto le ali delle tradizioni cristiane. Il vecchio Jürgen aggiunge un’ulteriore affermazione di rincalzo, a conferma che col tempo le arterie si induriscono. Esattamente il contrario di quanto riteneva Hans Kelsen: la religione è compatibile con l’ordine democratico “a patto che accetti di essere esplorata discorsivamente”. Diciamocelo: quando mai una qualsivoglia religione – che in quanto tale si proclama depositaria della Verità – potrà accettare di essere messa in discussione?
Il fatto drammatico è che tutti questi campioni del compromesso storico tra fede e laicità per salvare il salvabile dell’ordine democratico hanno un’idea ben misera di tale ordine (oltre che modestissime competenze in materia di resistenza agli stress da parte delle idee). Perché la forza del pensiero democratico sta già nella sua flessibilità, ciò che chiamiamo relativismo. Dunque quell’adattabilità metodologica che i sistemi di pensieri rigidi non hanno, tanto che sottoposti alle torsioni del cambiamento finiscono inevitabilmente per spezzarsi.
L’Occidente ha conosciuto il proprio trionfo proprio perché relativista, dunque elastico nella comprensione e – di conseguenza – adattabile; pur mantenendo fermo un impianto ideale costituito più da criteri procedurali e stati cognitivi aperti che non da assunti indiscutibili. Nello specifico democratico: regole di determinazione delle scelte collettive e individuazione del personale preposto ad attualizzarle, legittimazione della protesta come elemento irrinunciabile dell’innovazione politica.
Mentre, quanto sta succedendo nei modelli di pensiero prevalenti, induce a pensare che non siamo entrati nella presunta fase del Postsecolarismo. Piuttosto si sta precipitando in una pericolosa spirale di Postrelativismo.
Ossia lo smarrimento delle ragioni fondative di quella che Bertrand Russell definiva “la saggezza dell’Occidente”, stritolata nella morsa dei sinergici fondamentalismi rappresentati dai neocrociati cristiani e dai suicidi della galassia terroristica islamica. Di fatto, reciproci puntelli.
Infezione riscontrabile – seppure a livelli assai meno virulenti – anche in buona parte della odierna militanza politica nella discussione pubblica italiana, anche a sinistra.
Dove prevale una sorta di immedesimazione amorosa nel proprio leader di riferimento che anestetizza sul nascere ogni discorso critico, immediatamente sommerso sotto un cumulo di improperi.
Un fenomeno spiegabile con la perdita di certezze razionali che contraddistingue la nostra epoca e i relativi fenomeni di smarrimento indotti. In cui moltitudini, che si credono anime belle ma che ragionano da veri talebani, si identificano nel personaggio di turno per trarne conforto e rassicuramento. Si chiami Beppe Grillo, Nichi Vendola o Antonio Di Pietro, la devozione è identica a quella dei pellegrini a Pietralcina, richiamati dalle stigmate del frate da cultura contadina Padre Pio.
Un’intossicazione da fede acritica e totalizzante che più volte abbiamo visto all’opera nel XX secolo, l’età dei Totalitarismi: dal Führer al Piccolo Padre Stalin, dal Mussolini “che monta a cavallo” ai loro miserabili epigoni. Sempre lo stesso fideismo da “spiriti credenti”, che pensavamo fosse finito fuori gioco nel disincantamento della Modernità. E che invece ritorna, mentre il welfare avvizzisce e il Capitalismo amministrato è stato spazzato via dal Turbocapitalismo della precarizzazione e dell’esclusione sociale.
Spiriti credenti che si avventano contro chi cerca di fare esercizio d’analisi sul proprio tempo utilizzando la preziosa cassetta degli attrezzi fornitici dalla civiltà occidentale (critica, relativismo, laicità…). Una sciccheria intollerabile per chi non si scrolla dalla logica da stadio simboleggiata nell’alternativa acritica proposta da Facebook. “mi piace”, “non mi piace”. E tenersi ben alla larga dall’argomentare il perché si manifesta tale giudizio… Con un sovrappiù di rabbia verso chi osa esprimere pareri non coincideti con le proprie scelte aprioristiche. Ad esempio, andarsi a vedere gli insulti che sono piovuti sul bimestrale MicroMega solo perché ha tentato di analizzare il fenomeno Grillo senza quei toni apologetici che i conversi reputano doverosi per il loro oggetto di fede. Quasi si trattasse del santuario mariano di Medjugorje. O il berlusconismo pavlovizzatore degli adoratori del cacicco Berlusconi. L’atteggiamento mentale non cambia.