Il ritardo sulla diffusione del web viene raccontato dal giornalista Alessandro Gilioli in un libro scritto in collaborazione con Arturo Di Corinto
Secondo Lawrence Lessig, fondatore di Creative Commons, ostacolare l’ascesa di Internet significa “dichiarare guerra ai nostri figli”. Ne deduciamo che l’Italia sia nel pieno della battaglia. Il nostro paese infatti non brilla per la sua apertura nei confronti della Rete, ostacolata da una cultura che ne impedisce la diffusione, dalle leggi bavaglio alle lobby delle telecomunicazioni, passando per i monopoli tv di Rai e Mediaset.
Alessandro Gilioli e Arturo Di Corinto hanno indagato questi aspetti in “Nemici della Rete” (edizioni Bur), saggio di puntuale analisi sulle ragioni – e le persone- responsabili della nostra corsa al digitale. Quasi fallita. Ma chi si deve stracciare le vesti? “La politica è il primo imputato, accompagnata da motivi culturali ed economici”, spiega Gilioli, giornalista dell’Espresso e blogger.
L’incompetenza dei nostri eletti è emersa nel corso degli ultimi anni con il proliferare di tentativi censori e incompetenti contro blog e social network. Ricordiamo la proposta di Riccardo Franco Levi (Pd), che nel 2007 quando era sottosegretario alla Presidenza del Consiglio pensò a un ddl che prevedeva l’iscrizione al registro degli operatori della comunicazione (Roc) anche per chi teneva un diario online. Un “attacco geriatrico ai blogger italiani” per il Times, seguito da altre imbarazzanti idee di regolamentazione del Web. Tra questi la proposta di Gabriella Carlucci (Pdl) scritta da Davide Rossi, presidente di Univideo in palese conflitto di interessi che, mascherata da legge antipedofilia era contro la pirateria; poi l’emendamento di Gianpiero D’Alia (Udc) che avrebbe consentito al governo di chiudere persino Facebook per presunta apologia di reato. Grava sulla coscienza politica bipartisan anche la litania delle proroghe del decreto Pisanu, varato d’urgenza dopo gli attacchi di Al Qaeda a Londra che impedisce l’implementazione del WiMax.
Un controllo necessario? Pare proprio di no, visto che Gran Bretagna e Stati Uniti hanno avuto problemi di terrorismo ben più rilevanti dei nostri, ma non hanno pensato ad alcun provvedimento analogo. Più recentemente si era fatta strada la legge bavaglio da inserire nel ddl intercettazioni che chiedeva ai blogger l’obbligo di rettifica entro 48 ore dalla segnalazione. “I politici – prosegue Gilioli – considerano il web un orpello e non ne comprendono la rilevanza economica. E’ un problema anagrafico e di ignoranza. Dall’altra parte i professionisti dell’informazione affogano nell’eterna diatriba giornalista contro blogger, perché temono che il modello di business tradizionale venga devastato dalla Rete”. Sulla diffusione della banda larga, oltre alla politica, intervengono le lobby delle telecomunicazioni. “Vogliono che la Rete passi ancora attraverso sim e umts e ostacolano il WiMax. Inoltre oggi la maggior parte degli introiti pubblicitari proviene da Mediaset e Rai quindi, se i giovani passano la serata davanti al pc, crolla l’audience”.
Funzionali alle sabbie mobili dello sviluppo anche l’area subculturale di indifferenza e la paura del confronto. Sono illuminanti gli esempi del network azzurro ForzaSilvio.it, che diventano piattaforme di propaganda sterile, senza confronto, passando dal blog di Clemente Mastella che censurava i commenti critici, fino ai maldestri tentativi di Romano Prodi e Renata Polverini di usare il mondo 2.0 come vetrina elettorale senza comprendere il senso del dialogo con gli utenti.
Tuttavia, con il completamento del digitale terrestre nel 2012, potrebbe arrivare la svolta. “Quando sarà stato spremuto, allora Mediaset e Rai potranno pensare alla vendita di prodotti editoriali e video on demand. Non a caso il governo ha proprio indicato per quell’anno la data in cui farà riapparire gli 800 milioni di euro previsti nella Finanziaria 2008 per la banda larga”. Messa all’angolo l’attuale maggioranza, possiamo dire che la sinistra si sia adoperata di più per la Rete? “E’ stata molto contraddittoria. Levi apparteneva a quella parte politica.
D’Alia all’opposizione. Certo, Vincenzo Vita è stato il primo a pensare a una legge sulla net neutrality a favore dello sviluppo tecnologico e anche Pippo Civati del Pd lombardo è un esempio di apertura. Dall’altra parte secondo Pierluigi Bersani il web è solo il braccio digitale della produzione industriale, non certo un fattore di mutazione epocale. Ricordo che a un convegno sul tema è riuscito a parlare due ore senza citare la parola internet’”.
Se il problema è anagrafico e generazionale, con un Presidente del Consiglio che si definisce “un anziano signore che scrive ancora a penna tutti i suoi interventi” saranno i politici trentenni a segnare il cambio? “No, sarà la società civile, tramite il confronto con altri paesi”, puntualizza Gilioli. “La politica arriverà in seconda battuta. Saranno i ragazzi che tornati dall’Erasmus hanno sperimentato la banda larga a lottare contro leggi borboniche come la Pisanu e le aziende che con il cloud computing potranno risparmiare. Quando l’economia e la cultura spingeranno, la politica dovrà rispondere. Non potranno più accettare la fragilità della banda di oggi”. Eppure è necessario partire da un un punto: “In primis bisogna lottare contro il decreto Pisanu. E’ possibile che lo infilino nel decreto milleproroghe a Natale, affinchè passi subdolo e sottotraccia”. I punti chiave sono l’azione politica unita alla consapevolezza che il Web non può essere frenato. Come ha ricordato Lawrence Lessig nella sua lectio a Montecitorio a marzo, “chiediamo ai governi di essere maturi, sani di mente e non arroganti per capire che devono avere umiltà nell’affrontare la regolamentazione e non possono governare con la forza”.