Qualche giorno fa, Massimo Cacciari, intervenendo a “Otto e mezzo” su La7, ha trattato un tema che sul mio blog è stato già affrontato: si può ancora parlare di destra e di sinistra? «Sinistra, destra rappresentano una geografia politica superata» sostiene Cacciari, «negli anni Settanta, sinistra significava più stato e meno mercato, significava programmazione, uguaglianza, solidarietà. Significava classe operaia contro capitale. Significava welfare, che oggi si è compiuto. La sinistra ha avuto grandi successi. Ma ora parlare di sinistra non ha più senso. Voi giornalisti dovreste fare opera educativa, cessare di parlare di destra e di sinistra».
È vero che la contrapposizione di classe, la rivendicazione dei diritti sono temi superati e appartengono a un’altra pagina della storia, ma non per questo la dicotomia tra le due categorie è superata. Non per questo i valori culturali ascrivibili tradizionalmente alla destra o alla sinistra sono finiti. Massimo Cacciari tradisce la prospettiva di filosofo che gli appartiene e si limita a un’analisi politica, forse a lui conveniente viste le sue crescenti attenzioni agli accorpamenti centristi. Ma la realtà è più profonda. E, come qualcuno ha scritto su questo blog, basta guardare qualunque problema per rendersi conto che spesso esistono due soluzioni, una di destra e una di sinistra. Facciamo qualche esempio.
Milano si sta preparando alle elezioni comunali. E la sinistra cittadina allestisce le primarie che si terranno il prossimo 14 novembre. Tra i tre candidati (Pisapia, Onida, Boeri), Boeri sostiene tesi inequivocabilmente portatrici di un segno distintivo nella geografia destra-sinistra. In un incontro pubblico di domenica mattina al teatro Puccini di Milano ha elencato i punti del suo programma. Eccone alcuni: erigere in diversi punti della città “case dell’acqua” (come già esistono in alcuni comuni dell’hinterland) dove distribuire acqua depurata e frizzante «per far concorrenza» – parole di Boeri – «al mercato dell’acqua minerale»; creare una rete di viabilità sostenibile scoraggiando l’uso dei mezzi privati; «decentrare la città» per valorizzare le periferie; concedere ai quartieri maggiori autonomie amministrative al posto degli attuali “comitati”; sostenere l’integrazione delle nuove culture; favorire il recupero e la ristrutturazione degli immobili piuttosto che la costruzione di nuove case; mettere in atto politiche per calmierare i prezzi degli affitti (così da trattenere in città studenti e giovani coppie). E molti altri tra i quali, come sottofondo, il costante riferimento a una modello di partecipazione quasi assembleare alle decisioni. Saranno buone intenzioni conformi al contesto da campagna elettorale, certo. Ma sono idee, caro Cacciari, che trovano indubitabile cittadinanza in una tradizione culturale precisa. Te lo vedi Ignazio La Russa che in campagna elettorale sostiene le “case per l’acqua”, le decisioni assembleari, la politica per contrastare le case sfitte?