Da Credieuronord a Banca Intesa, storia della carriera di uno degli uomini della finanza del Carroccio. Vicino a Bossi, braccio destro di Giorgetti, adesso è vicepresidente dell'istituto di Bazoli. E investe i suoi soldi nella Itb, la banca dei tabaccai
I suoi colleghi, maligni, gli hanno cucito addosso l’etichetta di banchiere della Lega. Uno dei più importanti, visto che in maggio ha conquistato la poltrona di vicepresidente vicario nel consiglio di gestione di Banca Intesa. Ma lui, Marcello Sala, proprio non ci sta. Non vuol essere confuso con uno dei tanti professionisti che sgomitano per portare il verbo di Umberto Bossi ai piani alti delle banche. E allora, appena può, sfodera con orgoglio il suo curriculum personale che elenca esperienze da banchiere d’affari anche in campo internazionale. Fatica sprecata, almeno finora .
Le cronache, infatti, continuano descrivere Sala, 42 anni, brianzolo di Lissone, come uno dei consiglieri più ascoltati di Giancarlo Giorgetti, il plenipotenziario padano nel mondo dell’economia. E molti ricordano che il suo nome è stato proiettato ai vertici di Intesa da una vigorosa spinta di Giuseppe Guzzetti, il grande vecchio della Fondazione Cariplo, l’ex democristiano che, si dice, avrebbe scelto Sala per coprirsi le spalle sul fronte leghista e rafforzare l’asse con il ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Ecco perché, ogni volta che la giostra delle poltrone ricomincia a girare, il vicepresidente di Intesa torna in corsa per una nomina in quota Lega in qualche gruppo di Stato, dall’Eni all’Enel ai grandi enti previdenziali. In futuro si vedrà, ma intanto Sala resta dov’è, ai vertici del colosso bancario guidato dall’amministratore delegato Corrado Passera. Certo, quando la politica chiama, il vicepresidente vicario di Intesa non si tira indietro.
La Lega, per dire, gli ha già affidato nel recente passato un compito delicato, delicatissimo. Si trattava di chiudere una volta per tutte con il disastro della Credieuronord, la banchetta inventata dagli onorevoli padani per raccogliere i risparmi della loro gente. Fu un disastro, come sappiamo, tra perdite, debiti e indagini della magistratura su alcuni dirigenti del piccolo istituto di credito. E così, per evitare il crac e l’inevitabile inchiesta penale si aprirono un paio di provvidenziali paracadute. Prima la Popolare di Lodi (quella di Gianpiero Fiorani) e poi il Banco Popolare di Verona che ne ha raccolto l’eredità, hanno assorbito quel che restava della banca targata Lega. Al timone c’era Sala, nominato liquidatore di Credieuronord nel 2006. È stato lui, il vicepresidente di Intesa, a firmare il bilancio di liquidazione della popolare padana datato ottobre 2009.
A salvare i conti è arrivato un sostanzioso assegno staccato dal Banco Popolare, che ha pagato 1,5 milioni per rilevare un immobile a Bergamo, alcuni crediti fiscali e i futuri proventi di alcune cause contro ex dirigenti. Bingo. Credieuronord è scampata al fallimento. E con i soldi del Banco Popolare ha potuto perfino avviare un primo rimborso di centinaia di piccoli soci che rischiavano di perdere i loro risparmi. Va detto che il Banco Popolare non se la passa benissimo. I conti vanno male, ma un milioncino per salvare una banca cara al governo si trova sempre. Sala invece proprio nei giorni in cui scriveva l’ultimo capitolo dell’ingloriosa storia di Credieuronod era impegnato in un’altra importate partita ai vertici di Intesa. Giusto un anno fa, infatti, il consiglio di gestione doveva decidere che fare dei Tremonti bond, cioè, di fatto, gli aiuti di Stato offerti dal governo ai gruppi creditizi messi alle strette dalla crisi. Alla fine passò la linea di Passera: “No grazie, niente soldi pubblici, non ne abbiamo bisogno”. Una decisione che all’epoca fu interpretata dai più come una scelta di autonomia nei confronti della politica. Al momento del voto tutti i consiglieri si espressero per il no. Tutti salvo uno, Sala, che chiese venisse messa a verbale la sua astensione. Il ministro, di sicuro, avrà apprezzato.
Del resto il legame con Tremonti è così forte che Sala ha trovato posto nel “Comitato strategico per la tutela degli interessi nazionali in economia”. Ne fanno parte un massimo di dieci tecnici dotati di “elevata specializzazione”, scelti dal ministro dell’Economia e da quello degli Esteri. Tra questi tecnici spicca Enrico Vitali, già socio di studio di Tremonti. Come membro del comitato di tutela Sala dovrebbe darsi da fare per difendere gli interessi nazionali dall’assalto dei colossi stranieri. Un esempio: Unicredit scalato dai libici. Compito delicato. A dir poco. Ma mentre si applica sulle questioni di alta finanza internazionale Sala trova anche il tempo di fare affari in proprio. Ha investito, per esempio, nella Banca Itb, la banca dei tabaccai promossa da una decina di soci. E tra questi, sorpresa, spunta anche Intesa. Amministrata dallo stesso Sala.
Da Il Fatto Quotidiano del 5 ottobre 2010