Cultura

Il Bollito Oliva

La Repubblica di lunedì 4 ottobre, citando il secondo numero di Alfabeta2, riprende l’ultima, “indecente” ma “modesta” proposta di A.B.O. – acronimo di Achille Bonito Oliva – sintetizzata dallo slogan Seppelliamo gli Artisti con le loro Opere, che riporto. “L’arte dei nostri tempi non è più immortale, e dunque è inutile restaurarla come si fa con un dipinto antico. L’artista ormai non produce più oggetti, ma concetti. Insomma il nuovo millennio promette più circolazione e meno tesaurizzazione. Sarà dunque internet a far navigare in eterno messaggi e messaggeri dell’arte”. Amen e così sia?

A.B.O. critico istantaneo come ama de/finirsi (*), emerge dall’oblio nei primi anni ’70, con il saggio L’ideologia del traditore, che obtorto collo mi costrinsi a leggere sperdendomi nei meandri dell’infausto linguaggio di abo e di gran parte della critica italiana. Visto & considerato che l’uso di un linguaggio oscuro e involuto funziona da sicuro salvacondotto per l’acquisizione e la conservazione del potere, pur infimo che sia. La frase che più mi colpì è questa: ”Traditore è colui che pensa di tradire, di modificare una realtà inaccettabile”. La cui prassi consisterebbe nella liber/azione dalle norme, dalle ideologie e dal potere, per poi conquistarlo. Come dire che il traditore non andrebbe più semplice/mente considerato come volgare fdp, ma come un innovatore, un rivoluzionario addirittura, il quale, modificando l’in/accetabile e ben retribuito sfruttamento ab libitum del sistema dell’arte, riesce a librarsi dal Potere per imporre il proprio tornaconto personale.

Achille Bonito Oliva, che pure ha inciso attivamente nel corso dell’arte italiana – stigmatizzano Mastrangelo & Bonami nel saggio Irrazionalpopolarefa lo stragista e il razzista contro chiunque metta in dubbio il suo stato dell’arte, l’eterna trans-avanguardia”.

Quindi abo concettualizzatore d’antan, dopo aver concettualizzato & de-concettualizzato l’arte a sua misura & dismisura, per promuovere la così/detta trans-avangardia, che in definitiva promulgava il ritorno alla pittura, adesso decide di far marcia indietro riproponendoci la magna problematica concettuale di cui una parte consistente di addetti e non – non ne può proprio più – proponendo di seppellire gli artisti con le loro opere, come si confaceva ai faraoni.

L’economista Donald Thompson – London School of Economics, Harward Business School, Schoolish of Toronto and so on – autore de Lo Squalo da 12 milioni di dollari, scrive: ”Nel mondo ci sono circa diecimila musei, istituzioni artistiche e collezioni pubbliche, millecinquecento case d’aste e circa duecentocinquanta fiere e grandi esposizioni ogni anno. Il 70% delle quali sono in Nord America ed Europa occidentale (…) il valore stimato delle vendite di arte contemporanea nel mondo ammonta a circa 18 miliardi di dollari all’anno (…) una cifra pari alle vendite della Apple o della Nike, a metà delle vendite annuali della Walt Disney Corporation, ed equivale al prodotto interno lordo dell’Islanda (…) Ci sono circa quarantamila artisti residenti a Londra e circa lo stesso numero vive a New York…”.

L’arte combinatoria dell’ abo innovatore è riassumibile nella formula scoperta, promulgata, distribuita & venduta della così/detta post-avanguardia incarnata dal trio Cucchi, Clemente & Chia (**) – una premiata ditta che, grazie al manager & marketer abo ha cominciato a fatturare sin dall’era di Craxi and CO, quando gli italiotti di Park Avenue – ai tempi d’oro di Furio Colombo director of The Italian Cultural Institute, e presidente di fiat-voluntas-tua-dot com – sembravano più promettenti rispetto al ground zero di adesso.

Ma oggi nell’era dei caimani mignottocratici grazie ai quali il bel paesino miete sufficienza, scherno & sprezzo persino nel così/detto mercato globale dell’arte, dove a malapena reggono le piazze di Londra & New York, questa nuova idea di abo potrebbe anche essere presa nella considerazione che si merita. Per esempio fondando una Eternity Land Corporation cui delegare questa gigantesca inumazione di artisti e delle loro opere annesse & connesse, mediante l’edificazione e/o l’interramento di piccoli e grandi mausolei, con gigantesca e positiva ricaduta sull’andamento dell’edilizia e il rilancio del business delle onoranze funebri con ricavi esponenziali rispetto a quelli di adesso.

Donald Thompson, sintetizza l’attuale, effettivo peso del ruolo del critico post moderno, con un’epigrafe dedicata al critico d’arte Robert Hughes che così verga: ”E’ frustrante vedere qual è il ruolo dei critici della nostra cultura. E’ come lavorare come pianista in un bordello: non hai il minimo controllo su ciò che accade al piano di sopra”.

Non mi rimane che accomiatarmi con un bollito oliva toujours à la carte

(*)”La critica è lo schianto dello sguardo sull’opera che incendia i bordi dei media e rende visibile il miraggio dell’arte. Questa la sua velocità ulteriore, la comunicazione. Il critico si fa storico dell’istante” – abo

(**) Copio & incollo da Wikypedia che “La transavanguardia italiana è movimento artistico italiano nato nei primissimi anni ottanta che teorizzava un ritorno alla manualità, alla gioia ed ai colori della pittura dopo, post, la dominazione dell’arte concettuale, un movimento (…) del tutto italiano (…) riconosciuto all’estero[1], vide protagonisti un quintetto di artisti[2]: Sandro Chia, Enzo Cucchi, Francesco Clemente. Contestualizzata, a posteriori, come una delle correnti del postmodernismo, la transavanguardia, grazie alla natura anticipatoria[3] dei movimenti che hanno caratterizzato l’attraversamento del Concettualismo, ha continuato ad essere protagonista in Italia di ulteriori ondate, sovrapponendosi alle altre tendenze post-moderne” e via discorrendo.