Il presidente della Conferenza dei rettori sostiene la necessità di un'approvazione del decreto. Altri, invece, sostengono la necessità di una pausa di riflessione
La netta presa di posizione di Decleva è venuta nei giorni scorsi dopo il rinvio al 14 ottobre della discussione del provvedimento alla Camera. Con il rischio che la riforma slitti di un altro mese a causa della sessione bilancio e finisca su un binario morto, se il governo non riuscirà a terminare la legislatura. Le parole del presidente della Crui sono già state attaccate dai ricercatori, che da diversi mesi protestano contro un ddl da cui si sentono fortemente colpiti. E ora si scopre che dietro la posizione di Decleva non c’è l’unanimità della Crui. Da Cosenza, il rettore Latorre ammette: “Una riforma è necessaria e questa contiene degli aspetti positivi. Ma non può funzionare il nuovo modello di governance, che prevede un Senato accademico svuotato di gran parte dei suoi poteri a vantaggio del consiglio di amministrazione”.
C’è poi il problema dei ricercatori, che “ne uscirebbero proprio male” se la riforma venisse approvata così com’è. “Se i tempi della discussione si dilatano c’è il rischio che il ddl salti, ma se si blinda il provvedimento c’è la certezza di una riforma discutibile – conclude Latorre –. Allora sarebbe un danno minore posticipare il tutto, anche nell’eventualità che si vada a elezioni anticipate”.
Critico su alcuni aspetti di un ddl che “non ha il necessario sostegno finanziario” è pure il rettore dell’università di Trieste, Francesco Peroni. “Senza le dovute risorse – dice – la riforma, una volta approvata, potrebbe naufragare e produrre danni. Questo provocherebbe nella comunità universitaria sfiducia e scetticismo. E una classe dirigente non può permettersi di correre questo rischio”. Peroni esprime solidarietà ai ricercatori che stanno protestando contro diversi punti del ddl, come l’abolizione dei contratti a tempo indetermianto: in 10mila hanno tolto la disponibilità a svolgere quelle attività didattiche che per legge sono volontarie e non obbligatorie. In molti atenei italiani è così venuta a mancare parte della forza docente e l’avvio delle lezioni è stato ritardato a data da destinarsi.
Del futuro della riforma il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha discusso ieri con alcuni esponenti della maggioranza. Dalla riunione è venuta fuori la volontà di discutere il ddl prima del 14 ottobre. Ma alla variazione del calendario sono contrarie le opposizioni: “l’esame del provvedimento deve slittare dopo la sessione di bilancio”, dice Manuela Ghizzoni, capogruppo del Pd nella commissione Cultura, dove oggi è terminata la votazione sugli emendamenti alla riforma.
Al 14 ottobre manca una settimana, che si preannuncia calda. Domani i ricercatori si uniranno ai cortei anti Gelmini degli studenti di superiori e università che sfileranno in oltre 50 città, in concomitanza con lo sciopero proclamato dalla Flc Cgil per i lavoratori di scuole, atenei e centri di ricerca.