di Marcello Ravveduto

Nel chiudere l’antologia Strozzateci Tutti abbiamo scritto, senza indugio, che la lotta alla criminalità organizzata non si risolve con un libro.

Non si tratta solo di consapevolezza, ma è il principio stesso della nostra unione. La lotta alle mafie non può risolversi nella parola. La scrittura può emozionare, suggestionare, infastidire, mobilitare, far riflettere, indicare percorsi, ma da sola non basta. Ha bisogno del sostegno dell’azione. Chi milita nel campo della resistenza civile ai poteri criminali deve avere il buon senso di scegliere un argomento, approfondirlo, diventare competente e credibile al punto da divenire punto di riferimento per quanti intendono assumere, insieme a lui, un ruolo attivo nella prevenzione e nel contrasto dei fenomeni mafiosi. Insomma, non basta scrivere ma bisogna dare l’esempio. Non tanto per una supposta vanagloria (sicuramente allettante) ma per onestà intellettuale. Denunciare reati e connivenze, efferati delitti e traffici illegali, può aumentare il numero di pubblicazioni e di lettori, ma non sempre la quota dei militanti.

Le nuove generazioni chiedono a chi scrive di assolvere ad un preciso dovere civile, quale? Andare tra la gente, incontrare associazioni, divulgare, informare e costruire progetti sociali realizzabili. Per questo quando abbiamo mandato in stampa l’antologia è cominciato il nostro vero lavoro: mettere insieme una rete antimafia costruita dal basso per dare voce alle mille esperienze sorgenti nei territori. Qualcuno starà già dicendo che esistono contenitori di questo tipo. Appunto, contenitori dentro i quali spesso i contenuti si disperdono.

Così è nata la nostra collaborazione con Agoravox della quale condividiamo l’idea di coinvolgere direttamente il lettore in un progetto di partecipazione che si pone come obbiettivo il territorio e le sue mille dinamiche. Ognuno può contribuire avvalendosi di una competenza, frutto, molto spesso, di drammatiche esperienze che nessuno vuole raccontare, perché non interessano ai soliti addetti ai lavori.

Abbiamo chiesto a Carlo Revelli, fondatore di Agoravox, di poter devolvere i diritti d’autore della nostra antologia al progetto “Scampia”. Certo saranno quattro spiccioli, ma anche l’ultimo centesimo che ci rimane in tasca può essere utile per sostenere la nascita e la crescita di una redazione giornalistica in periferia (la più bistrattata periferia italiana nell’ultimo decennio).

Un atto coraggioso. Perché? Conoscete qualche altro grande network europeo che accetterebbe una sfida del genere? Agoravox ha sede in Francia, ha tre milioni di lettori in Europa, 100mila cittadini che scrivono circa 300 articoli ogni giorno, con una struttura editoriale che costa circa 500mila euro l’anno. Per quale ragione dovrebbe impegolarsi nelle vicende di Scampia? Abbiamo rivolto questa domanda direttamente ai suoi fondatori e ai dirigenti e tutti hanno risposto: vogliamo raccontare il cambiamento con un giornale scritto dai cittadini per i cittadini in un luogo simbolico dove il giornalismo partecipativo può diventare stimolo alla cittadinanza attiva.

Francesco Piccinini è il direttore di Agoravox Italia, è nato a Scampia e ha scritto un saggio per Strozzateci Tutti. Ecco, la rete piano piano prende forma: noi con Francesco, Francesco con Agoravox e tutti insieme per Scampia! Siamo pronti a sporcarci le mani per raccontare, giorno dopo giorno, gli uomini e le donne che lottano per il cambiamento.

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