Lo stop è arrivato questo pomeriggio dalla Ragioneria generale dello Stato. In sostanza manca la copertura finanziaria. Provvedimento rimandato di almeno un mese
I tecnici del del Tesoro hanno spiegato che mancano i soldi su diversi emendamenti, compreso il cosiddetto “salva ricercatori” col quale il ministro sperava di placare gli scioperi della didattica e sbloccare gli atenei che non hanno ancora cominciato l’anno accademico. Infatti non ci sono i finanziamenti per l’assunzione di 9 mila professori associati entro 5 anni come previsto dal governo. Oltre al milione e 350 mila euro di tagli sul finanziamento ordinario che rischiano di mettere definitivamente in ginocchio l’università italiana.
La Gelmini ha ingoiato un boccone molto amaro decidendo per il rinvio del ddl. Ieri il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha incontrato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e al centro del colloquio c’è stata stata proprio la riforma dell’Università e la sua copertura. “La legge è tra le nostre priorità e non si possono fare passi indietro a riguardo” avrebbe detto il premier. La questione però non si è sbloccata e dopo una riunione tra la Gelmini, Tremonti, la presidente della Commissione Cultura, Valentina Aprea, la relatrice del provvedimento Paola Frassineti, Fabrizio Cicchitto e Fabio Granata, è stato deciso di posticipare la discussione a dopo la sessione di bilancio (a ottobre infatti la Camera si ferma circa un mese per l’esame della Finanziaria). Il ministro dell’Istruzione avrebbe avuto un duro scontro col titolare del dicastero di via XX Settembre e avrebbe ribadito “io una riforma senza soldi non la faccio”. Eppure, che non c’erano i soldi, la Gelmini lo sapeva eccome.
“Abbiamo deciso di attendere la determinazione del governo sui fondi per attuare tutto quello che abbiamo concordato in commissione e ottenere quanto garantito ai ricercatori”, ha spiegato la Aprea, “una volta che il governo avrà deciso quanti fondi destinare all’università in Finanziaria, e magari anche nel milleproroghe, la commissione Cultura si riconvocherà”.
Non solo studenti, ricercatori e professori si sono ribellati a una riforma che invece di risolvere i problemi dell’Università li aggrava. Il Partito democratico aveva dato la sua disponibilità a votare anche durante la sessione di bilancio se fossero stati accolti i suoi emendamenti. “Così non è stato e dunque non c’è nessuna ragione per una riforma fatta in fretta”, ha spiegato il presidente dei deputati del Pd, Dario Franceschini. E anche i finiani hanno dato un chiaro aut aut al ministro dell’Economia: “Se Giulio Tremonti non garantirà le risorse necessarie ad una riforma universitaria che tenga conto dei fondi indispensabili per la ricerca, il gruppo di Futuro e Libertà chiederà il ritiro del testo al Ministro Gelmini”. E il leader della Lega Umberto Bossi non usa mezze misure per spiegare al suo governo quali sono le priorità: “Meglio i soldi alla ricerca che alle bombe in Afghanistan”. Pensiero che il mondo universitario aveva già fatto da tempo.
“Il rinvio è la scelta più saggia – ha detto la capogruppo in Commissione Cultura alla Camera, Manuela Ghizzoni – la discussione a dopo la sessione di bilancio permetterà infatti di capire quanto il governo intende restituire ed investire sull’università rispetto al taglio di 1 miliardo e 350 milioni di euro al fondo di finanziamento ordinario che è stato fatto”.
Intanto è confermato il presidio della Flc-Cgil domani davanti a Montecitorio e continuano le proteste in tutti gli atenei italiani. Perché una riforma dell’università è necessaria. Ma molto diversa da questa e non fatta a colpi di tagli.