Nel pieno di una mezza crisi diplomatica tra Cina e Norvegia, Barack Obama sembra aver trovato un sistema originale per placare l’ira del regime di Pechino: rifornire nuovamente la Cina di attrezzature militari aprendo così una breccia in quell’embargo imposto dagli Usa 21 anni fa, subito dopo la strage di piazza Tienanmen.
I dettagli dell’operazione non sono ancora stati resi noti ma la mossa dell’inquilino della Casa Bianca sembra già capace di suscitare un certo entusiasmo presso l’esecutivo e i vertici militari di Pechino. Secondo il quotidiano China Daily, l’annuncio del presidente costituirebbe un possibile segnale della volontà di Washington di abolire l’embargo sulle armi ripristinando i rapporti commerciali degli anni ’80. Durante l’ultimo decennio della guerra fredda, Washington aveva rifornito Pechino di elicotteri militari modello S-70 e UH- 60 Blackhawk.
In una lettera inviata al Congresso, Obama ha sottolineato la necessità “nell’interesse nazionale degli Stati Uniti” di derogare al provvedimento del 1989 per permettere ai cinesi di acquistare un numero imprecisato di esemplari di Hercules C-130, un velivolo militare prodotto dalla principale società del settore, la Lockheed Martin, e in uso da anni presso l’aeronautica di oltre 60 nazioni. Nella lettera si parla utilizzo a scopi pacifici ma la precisazione non convince. Difficile, infatti, ottenere garanzie credibili da Pechino circa l’effettiva destinazione d’uso del velivolo che, ad oggi, è utilizzato in tutto il mondo nell’ambito delle operazioni militari (a cominciare da quelle compiute dalla Nato in Afghanistan). Un problema che, tuttavia, non sembra preoccupare il presidente.
L’ipotesi del progressivo superamento dell’embargo troverebbe anche conferma nella recente e positiva evoluzione dei rapporti diplomatici tra i vertici militari dei due Paesi. Il Segretario alla Difesa Usa Robert Gates e il suo omologo cinese Liang Guanglie si sono ritrovati ad Hanoi, in Vietnam, a margine del vertice dei ministri asiatici. Un incontro utile per ricucire lo strappo avvenuto lo scorso gennaio quando gli Stati Uniti avevano concluso un affare da 6,4 miliardi di dollari per la cessione di forniture militari a Taiwan provocando così l’irritazione di Pechino. Interpellato dal China Daily, il vice segretario generale della China Arms Control and Disarmament Association Zhai Dequan ha definito l’incontro vietnamita “un chiaro segnale di disgelo” invocando un nuovo impegno da parte degli Stati Uniti. “Gli americani – ha dichiarato – dovrebbero iniziare ad esportare in Cina armi di tecnologia più avanzata per realizzare la piena trasparenza degli scambi militari”. Più chiaro di così…
Accanto agli obiettivi diplomatici ci sono poi le priorità in campo economico. Il disavanzo nella bilancia commerciale con Pechino continua a costituire un grave problema per il mercato americano. Washington preme da tempo immemore per una rivalutazione dello yuan così da garantire un po’ di ossigeno all’export a Usa ma le trattative, in tal senso, appaiono molto difficili. Allo stato attuale, nota ancora Zhai, l’apertura alla vendita di materiale militare, soprattutto hi-tech, porterebbe a una riduzione del deficit commerciale statunitense creando al tempo stesso nuovi posti di lavoro. Una prospettiva di cui la Casa Bianca sembra essere ampiamente consapevole.