Scontro istituzionale tra i presidenti delle due Camere sulla legge elettorale. Gianfranco Fini aveva chiesto a Renato Schifani, alla luce della volontà espressa negli ultimi giorni di mettere mano al Porcellum, di spostarne l’esame nel suo ramo del Parlamento. Ma la seconda carica dello Stato ha detto no. “E’ opportuno che l’esame” della riforma “rimanga al Senato”, ha scritto Schifani in una lettera di risposta. E Fini, a stretto giro, ha espresso apertamente il suo scetticismo: “La affosseranno”. C’è “una questione politica, risulta difficile pensare che il Senato manderà avanti davvero la riforma della legge elettorale”, ha detto Fini.
Dalla parte di Schifani si è schierato il Pdl: “La legge elettorale non fa parte del programma elettorale del centrodestra, pensiamo che siano più importanti le riforme costituzionali, dalla riduzione del numero dei parlamentari all’elezione diretta del capo del Governo – ha spiegato il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri -. Tuttavia della legge elettorale si deve discutere e al Senato nei giorni scorsi è stata presentata da esponenti del Pdl una proposta per inserire il premio di maggioranza nazionale anche al Senato. La legge elettorale è incardinata – conclude Gasparri – e la commissione Affari costituzionali ne discuterà insieme ad altri argomenti”.
Con Fini si e’ ritrovato Futuro e libertà: “Uno Schifani politicamente asessuato e indipendente dal governo e dagli interessi politici del presidente del Consiglio, immagine che induce al sorriso – ha detto Carmelo Briguglio, deputato di Fli -. Il presidente Schifani, che rispettiamo, non pretenda di affrontare in esclusiva la materia della legge elettorale che riguarda tutti i cittadini e nessuno creda di trasformare il Senato in un luogo di arroccamento rispetto alla necessita’ di una nuova legge che deve restituire la sovranità agli elettori”.
Secondo Walter Veltroni, “ci sono le condizioni per un’altra maggioranza. Questa esperienza di governo e’ finita, e anche male – ha detto l’esponente del Pd -. C’è la prospettiva di un governo diverso, un governo che faccia una legge elettorale che superi la ‘porcata’ e si occupi dell’emergenza economica e di quella della criminalità, poi si potrà andare a votare in un clima più sereno. Non ci sono subordinate”. Per Pier Ferdinando Casini, “l’insistenza con cui il Senato ha voluto calendarizzare il dibattito sulle legge elettorale mi conforta: vuol dire che c’è un’esigenza, ormai avvertita da tutti, di superare l’attuale legge e di restituire lo scettro della scelta dei parlamentari ai cittadini”.