Modificare il sistema di voto della Consulta per bocciare le leggi. Sarebbe questa una delle novità dell’ultima ora della riforma della giustizia costituzionale. Per invalidare una legge o un atto avente forza di legge la Corte Costituzionale dovrebbe deliberare a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti e non con la maggioranza semplice così come avviene adesso. Questa la previsione di una delle più recenti versioni di bozze su cui i tecnici del Pdl sono al lavoro. Sul progetto è però ancora aperto il confronto con Fli e Lega per tentare di arrivare a una sintesi in vista del Consiglio dei ministri della prossima settimana. Le bozze prevedono, tra l’altro, la separazione delle carriere di giudici e pm e la creazione di due distinti Csm.
Stamattina il ministro della Giustizia Angelino Alfano ha incontrato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al Quirinale per illustrargli le linee generali della riforma costituzionale della giustizia che il governo intende varare nel Consiglio dei ministri della prossima settimana. Lo si è appreso da fonti qualificate secondo le quali il Guardasigilli si sarebbe limitato ad un ‘excursus’ orale sulla riforma, senza portare con sè alcun testo.
Ecco, in sintesi, le principali novità delle bozze più recenti di riforma della giustizia per via costituzionale su cui in questi giorni Pdl-Fli e Lega si confronteranno.
GIUDICI ORDINE AUTONOMO E INDIPENDENTE; PM SEGUIRA’ PRIORITA’ – I magistrati si distingueranno in giudici e pubblici ministeri (è caduta l’ipotesi di ribattezzare questi ultimi ‘avvocati dell’accusà), e le loro carriere saranno separate per legge. Se i primi costituiranno un ordine autonomo e indipendente da ogni potere e soggetti solo alla legge, diverso sarà per i pm. Secondo una delle ultime bozze dei tecnici del Pdl, l’ufficio del pm verrebbe organizzato secondo le norme sull’ordinamento giudiziario, che ne assicurerebbe l’autonomia e l’indipendenza, ma eserciterebbe l’azione penale secondo priorità stabilite dalla legge ordinaria.
CSM DEI GIUDICI E CSM DEI PM – Ciascuno dei due distinti Csm sarà composto da membri nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal parlamento e per il restate terzo da giudici e pm. Ciascun Csm potrebbe eleggere il presidente, ma resta da vedere se la nomina avverrà solo tra i componenti scelti dal Capo dello Stato oppure diversamente (c’è infatti chi ipotizza di far presiedere il Csm dei giudici scelti dal presidente della Repubblica e quello dei pm dal Pg della Cassazione).
PRINCIPIO DI RESPONSABILITA’ – Sarà ribadito con una norma ad hoc quanto già previsto dall’art.28 della Costituzione sui dipendenti pubblici: i giudici e i pm saranno ritenuti direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione di diritti. Una legge ordinaria stabilità come accertare la loro responsabilità.
INAPPELLABILITA’ SENTENZE DI ASSOLUZIONE – Torna, per via costituzionale, quanto previsto dalla legge Pecorella a suo tempo bocciata dalla Consulta. Per cui, modificando l’art.111 della Carta, contro la sentenza di condanna sarà sempre ammesso l’appello, mentre le sentenze di assoluzioni diventerebbero appellabili nei casi previsti dalla legge.
MINISTRO PUO’ PARTECIPARE ALLE RIUNIONI DEI DUE CSM – Il Guardasigilli non avrebbe però diritto di voto, ma la possibilità di presentare proposte o richieste. Ai Csm dei giudici e dei pm, inoltre, sarebbe vietata esplicitamente l’adozione di “atti di indirizzo politico”
DUE CORTI DI DISCIPLINA – Al posto dell’attuale sezione disciplinare, i due Csm potrebbero eleggere al loro interno una Corte di disciplina i cui componenti non parteciperebbero alle altre attività dei Csm.
POLIZIA GIUDIZIARIA – L’attuale articolo 109 della Costituzione prevede che l’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria. Nelle bozze di riforma si ipotizza che ciò avvenga non direttamente ma “nelle forme stabilite dalla legge”, con il probabile intento di ‘blindarè (dal punto di vista costituzionale) quanto già previsto dal ddl di riforma penale presentato due anni fa dal Guardasigilli Alfano che dava maggiore autonomia alla polizia giudiziaria.