L’onda della scuola diventa tzunami e arriva davanti a Montecitorio dove oggi si sarebbe dovuto discutere il ddl Gelmini. La notizia dello slittamento dell’esame del disegno di legge è arrivata ieri sera, ma il sit in di protesta c’è stato e – giurano gli organizzatori – andrà avanti fino a sabato, quando il corteo della scuola pubblica si unirà a quello della Fiom per sfilare a difesa dei diritti, della democrazia, della legalità e del lavoro.
Associazioni di studenti, universitari, ricercatori e anche docenti da tutta Italia contro l’affossamento della scuola pubblica con slogan e manifesti che parlano da soli: “Ghedini difendici tu siamo noi gli utilizzatori finali della scuola pubblica”, per la rete universitaria. “Gelmini ostaggio di Tremonti, dimettiti”, per la rete 29 Aprile. E ancora: “Una ministra in processione” per l’unione nazionale degli studenti (Udu) che ha lanciato il presidio davanti Palazzo Chigi.
“Perché – spiega Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell’Udu – l’aria che si respira è diversa, un piccolissimo passo avanti è stato fatto, ma quello che non vogliano è un progetto che distrugge il diritto all’istruzione e quindi è necessario continuare a tenere alta l’attenzione per dimostrare che non molleremo mai”. Dalla stessa parte anche il prorettore per lo Sviluppo delle attività formative e di ricerca della Sapienza, Bartolomeo Azzaro, che con l’articolo 33 della Costituzione attaccato dietro la schiena spiega le sue ragioni: “Nel nostro ateneo la situazione è davvero difficile. Se siamo qui anche noi professori è per dimostrare che questa è una battaglia che ci accomuna tutti, che nella protesta c’è sintonia”. E lascia intendere che quella d’ingegneria non rimarrà l’unica facoltà occupata visto la forte agitazione che c’è nelle altre sedi.
Nei maggiori atenei romani, da Torvergata a Roma Tre la protesta cresce ogni giorno con lezioni bloccate per il no dei ricercatori all’insegnamento e per la mancanza di fondi che dal ministero non arrivano. Lo stesso Luigi Frati, rettore del primo ateneo capitolino, per sua ammissione ha dichiarato di avere soldi per pagare gli stipendi fino a dicembre. “Situazione che accomuna tutta l’Italia” replica Sergio Zilli, ricercatore di Trieste e membro del Cun, Consiglio universitario nazionale, che denuncia un nuovo taglio di 280 milioni al Fondo ordinario di finanziamento (un finanziamento statale che costituisce la principale fonte di entrata per le università italiane): “La situazione è drammatica ed è destinata a peggiorare, perché con la scure della Gelmini, oltre alle risorse già detratte dalla legge 133, sono previste altri tagli per un totale che porterà l’Ffo da 7,2 a 6,1 miliardi”.
“Anche se il parere sul ddl Gelmini è stato spostato per dopo la sessione di bilancio, quindi a metà novembre, noi continuiamo ad alzare la testa, e il movimento non si ferma come vuole far credere qualcuno”. A parlare è Teresa Numerico del coordinamento di Romatre: “La rabbia sale anche se il nostro rettore cerca tenere a bada l’ateneo”. Nei giorni scorsi la Gelmini aveva parlato di riforma moderna e innovativa attendendo l’approvazione del Parlamento e la copertura economica del Ministero dell’Economia. “Eppure a noi nessuno chiede mai niente”, si interroga Gianfranco Mascia del popolo viola: “Studenti, genitori e lavoratori della scuola non sono mai stati ascoltati sulle riforme da fare. La scuola è il futuro dei nostri figli e del nostro Paese, ma noi non possiamo partecipare ad una riforma che ci vede in prima linea. Non staremo a guardare mentre si porta avanti questo scempio”.
di Luigina D’Emilio