Marino Finozzi non avrebbe pagato il fotografo autore del catalogo della sua attività imprenditoriale. Secondo il suo avvocato, però, non ci sono gli estremi penali
La procura di Vicenza ha indagato per il reato di truffa l’assessore regionale al Turismo Marino Finozzi (Lega Nord). Un’accusa che il politica condivide con altri due imprenditori. La notizia viene pubblicata oggi dal Corriere del Veneto. L’inchiesta coordinata dalla procura di Vicenza nasce da un esposto presentato da un fotografo. Finozzi e i suoi soci non avrebbero saldato un debito contratto nell’ambito dell’attività imprenditoriale. Quando, però, i giudici hanno deciso il pignoramento, la società era sparita.
Marino Finozzi, a capo di un’impresa produttrice di sedie, fallita nel 2009, dal 2005 si era impegnato nella Venice Tecnologies srl, società attiva nel settore dei mobili. Un fotografo era stato incaricato dall’allora capo del consiglio d’amministrazione di preparare un catalogo con immagini dei prodotti.
Dopo due anni di lavoro il fotografo si era presentato in ditta per riscuotere il compenso superiore a 10mila euro. I soldi per pagarlo, però, non c’erano più. In quello stesso periodo l’ad aveva ceduto la carica a Finozzi. Come rappresentante legale della società. L’assessore, si apprende dal quotidiano veneto, aveva sottoscritto un piano di rientro del debito, che però non era stato onorato. A quel punto il fotografo si era rivolto all’ avvocato. Finozzi e i due soci con cui era stata avviata l’attività, si erano giustificati adducendo come causa del mancato pagamento, il contraccolpo della crisi che aveva investito il settore mobiliero nel 2008. L’avvocato di era riuscito a ottenere un decreto ingiuntivo per pignorare i beni della società, ma secondo l’accusa, quando il provvedimento è diventato esecutivo, la sede della Venice Tecnologies era desolatamente vuota.
Secondo il fotografo questa “sparizione” sarebbe una vera e propria truffa. A seguito dell’esposto, la magistratura ha avviato le indagini coordinate dal pm Claudia Dal Martello. La procura vuole stabilire se la cessazione dell’attività sia stata una manovra strategica per aggirare il creditore, o se, invece, i tempi necessari per l’ottenimento del pignoramento dei beni aziendali e la conclusione delle attività della società siano solo una coincidenza temporale, favorita dalla crisi generale che ha messo molte imprese in ginocchio. In questo secondo caso, la questione diventerebbe risarcitoria, con l’archiviazione delle accuse.
L’assessore sarà sentito a breve. Il suo avvocato ha dichiarato: “Sono molto fiducioso, non ci sono gli estremi per procedere penalmente. Nessuno ha detto che il debito non sarà pagato”. Secondo il legale “ La questione andava discussa sul piano civile».