I portaborse dei deputati Usa sono sospettati di sfruttare informazioni riservate per guadagnare in Borsa. La denuncia di Legistorm e del Wall Street Journal
Lo scandalo è emerso prepotentemente in questi giorni dopo la pubblicazione di un’inchiesta realizzata dal Wall Street Journal. Analizzando i dati forniti da Legistorm, un’organizzazione di Washington impegnata da quattro anni nella raccolta delle informazioni sull’attività dei congressisti, il quotidiano ha scoperto che almeno 72 membri degli staff dei deputati avrebbero ottenuto ingenti guadagni scambiando azioni di quelle stesse società sulle quali i loro capi prendevano quotidianamente decisioni. Un affare lucroso quanto legale, frutto di un privilegio pressoché unico. A differenza degli impiegati e dei manager delle società private, infatti, i portaborse del Congresso non hanno alcuna restrizione nel condurre operazioni sul mercato azionario.
Se scoprite in via riservata che l’azienda per cui lavorate sta per ricevere un sussidio pubblico e decidete per tanto di acquistarne quante più azioni potete, in altre parole, rischiate seriamente di ritrovarvi in tribunale. Ma se, al contrario, siete un assistente del deputato che sta sostenendo il provvedimento di legge per il medesimo sussidio, potrete allora condurre un investimento analogo in Borsa senza per questo subire alcuna incriminazione. Ne sono consapevoli consiglieri di rilievo come Terri McCullough, assistente del presidente della Camera Nancy Pelosi. L’11 luglio 2008 suo marito Howard Wolfson, acquistò per complessivi 4.700 dollari azioni dei colossi semi pubblici dei mutui Fanny Mae e Freddie Mac. A distanza di due giorni, dopo che la Pelosi era stata sentita dal Dipartimento del Tesoro e dall’esecutivo in merito ai provvedimenti necessari per rispondere alla crisi, la Fed autorizzò un finanziamento d’emergenza per le due agonizzanti agenzie. Come conseguenza il valore delle loro azioni salì del 40%.
La McCullough ha negato di avere avuto accesso a informazioni riservate, una tesi sostenuta da altri consiglieri interpellati sul tema. Tra questi, ricorda il Journal, c’è il consigliere repubblicano Cody Stewart che nel 2009 ha guadagnato oltre 2.000 dollari scommettendo sui titoli di NCI Building Systems e Sunpower, due aziende attive nel settore del fotovoltaico. Stewart, che nel 2009 ha accumulato profitti per 15 mila dollari su 47 operazioni di Borsa, ha ammesso di essere stato a conoscenza del progetto di legge per l’introduzione di incentivi fiscali alle imprese delle energie rinnovabili negando, però, che tali informazioni fossero sconosciute al pubblico al momento dei suoi investimenti. Gli esempi potrebbero continuare, analoghi gli uni agli altri. Non c’è modo di dimostrare il reato ma i sospetti restano e la loro presenza stona clamorosamente con la necessità di trasparenza (e di mancanza di conflitti di interesse) attorno alle attività legislative.
Nel rispetto dell’attuale legislazione, i dipendenti del Congresso rendono pubblici le loro operazioni di Borsa una volta ogni anno. I gestori dei fondi speculativi (hedge) sono tenuti a farlo una volta ogni 48 ore. Negli ultimi giorni deputato democratico Brian Baird ha proposto alla Camera di imporre ai suoi dipendenti la regola vigente per gli hedge ma il suo sforzo sembra destinato a cadere nel vuoto. Nel gennaio 2009, insieme alla collega Louise Slaughter, Baird ha presentato un disegno di legge per bloccare ogni tentazione di insider trading tra le mura del Congresso. Il testo è allo studio di due sottocomitati della Camera ma, al momento, conterebbe sul sostegno di appena 9 deputati.