“Il dibattimento probabilmente non terminerà nemmeno per dicembre 2012”. E’ sera inoltrata, si è appena conclusa l’ennesima udienza del processo che vede imputati tra gli altri l’ex Governatore Antonio Bassolino e gli ex vertici di Fisia-Impregilo per il disastro rifiuti degli anni scorsi in Campania. Le parole del presidente del collegio giudicante Maria Adele Scaramella risuonano nell’aula bunker di Poggioreale, Napoli. Lo slittamento al 2013 del cronoprogramma di udienze, già abbondantemente dilatato, rappresenta di fatto la pietra tombale del processo. La prescrizione salva-tutti, che per gran parte delle accuse scatterebbe già nel corso del 2012, è assicurata. E senza nemmeno attendere l’Appello o la Cassazione. A questo punto la Corte non riuscirà ad emettere neppure una sentenza di primo grado. Ma le udienze proseguiranno ancora per anni, con dispendio di tempo e di risorse, per sentire le centinaia di testimoni rimasti in lista. Nel silenzio forzato dei media imbavagliati dal divieto di entrare in aula con le telecamere, i registratori, persino i cellulari, in ossequio a un’ordinanza del procuratore generale Vincenzo Galgano.
E dire che il processo, iniziato nel luglio 2008, stava finalmente entrando nel vivo, tra testimonianze di tecnici, ex commissari, consulenti. In estate è stato convocato il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, uno degli ex commissari dell’emergenza rifiuti campana, che in qualità di indagato in procedimento connesso si è avvalso della facoltà di non rispondere. E nei giorni scorsi è stato ascoltato come testimone il prefetto Corrado Catenacci, il commissario del dopo Bassolino per circa diciotto mesi, dal 27 febbraio 2004 al 9 ottobre 2006, in tempi più recenti nominato dal presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro alla guida della Sapna, la società che dal 2011 dovrà gestire la questione spazzatura nel napoletano.
In una deposizione durata circa 8 ore, Catenacci ha ricostruito i rapporti non semplici con la Fibe e con uno dei dirigenti del gruppo Impregilo, l’ingegner Piergiorgio Romiti, imputato nel processo. Tra commissariato e Fibe, l’associazione temporanea di imprese appaltatrici del ciclo dei rifiuti in Campania guidata da Fisia-Impregilo, le reciproche contestazioni di inadempienze al contratto – risolto nel 2006 – erano all’ordine del giorno. E Romiti, ha ricordato Catenacci, un giorno del 2004 gli dice: “Ma lei ci considera la Banda Bassotti?”. E’ il loro primo incontro, avvenuto nell’ufficio di Bertolaso a Roma. In seguito tra i due si ripristinerà un rapporto di cordialità. Per quanto riguarda i problemi tecnici degli impianti, Catenacci ha affermato: “Io firmavo tutto, ma la mia firma era una presa di responsabilità, ma non assumo la responsabilità delle questioni tecniche. Alle riunioni io non discutevo, mi limitavo ad essere presente, erano gli esperti a discutere tra loro”. E quando uno degli avvocati ha chiesto ragguagli sull’inceneritore di Acerra nel periodo 2004-2006, l’ex commissario ha risposto così: “Non era pronto a causa di Fibe, ma il ritardo era dovuto anche a politici e parlamentari… erano decine”. Il cantiere verrà aperto nell’estate 2004 solo con l’intervento dell’esercito e della polizia. “Ho una mia convinzione – ha poi spiegato Catenacci a una precisa domanda del pm Giuseppe Noviello – le proteste contro l’inceneritore erano fomentate dai camorristi. Un elemento di questa convinzione era la famiglia di imprenditori che si trovavano di fronte all’inceneritore, penso che le proteste erano organizzate da uno di loro”. Catenacci ha pure ricordato di averli denunciati: “Ma adesso mi trovo sotto processo per calunnia, pare che non siano più camorristi”.