Centinaia di migliaia di persone invadono pacificamente la Capitale per dire si ai diritti dei lavoratori
San Giovanni gremita si tinge di rosso, la folla è quella delle grandi occasioni. Neanche la pioggia che bagna la capitale è riuscita a far diminuire il numero di manifestanti che riempiono la piazza. Al grido di “10 100 1000 Fiom” gli interventi scorrono sul palco in attesa del segretario generale della Cgil, Gugliemo Epifani, che non delude i manifestanti.
“Senza lavoro non ci sono diritti” tuona dal palco il leader del sindacato, con voce decisa, ma quasi sopraffatta dalla piazza che chiede lo sciopero generale e accompagna tutto il discorso del numero uno della Cgil. Se la prende con il governo Epifani e ci va giù duro quando parla dei precari: “Abbiamo una maggioranza che ha affrontato la crisi negandola e che ora abbandona chi è rimasto per strada. Nessuna sorpresa allora se il Paese è in uno stato di agonia profonda” e guarda al futuro con preoccupazione: “Se usciremo da questa situazione avremo un Italia in ginocchio, con fabbriche chiuse e territori divisi. Siamo in coda in tutte le classifiche europee continua il segretario della Cgil e tira in ballo la banca d’Italia che ieri ha dato i numeri sulla disoccupazione. Draghi, scontrandosi con il governo ha parlato di un 11% reale. “Per questo sono stati accusati di catastrofismo” ricorda Epifani. “Ma la situazione è davvero drammatica e si vuole usare la crisi per colpire i diritti sul lavoro”.
Tutti i settori rappresentanti a San Giovanni dalla meccanica, all’edilizia, dalle automobili alla scuola si lanciano in cori per il diritto al lavoro mentre Landini, leader delle tute blu prende la parola invocando l’articolo uno della Costituzione: “La nostra non è più una Repubblica fondata sul lavoro, ma sullo sfruttamento del lavoro. I problemi sono tanti, troppi dagli ammortizzatori sociali che non bastano alle risposte negate ad una crisi che cresce sotto gli occhi di tutti. L’obiettivo di un sindacato, rilancia Landini, è quello di unificare il Paese sotto il segno della dignità e del lavoro e quello di un governo è assicurare un futuro sicuro a chi gli ha dato fiducia. Invece qui si strizza l’occhio alle pseuodo-soluzioni, a chi accetta facili compromessi”.
Ma le critiche alla Cisl e alla Uil non sono proprio velate a sentire parlare Andrea Amendola, segretario provinciale Fiom, che ha seguito tutta la partita di Pomigliano: “Qui si arriverà alla cassa in deroga, l’ultimo strumento utile prima del niente, i lavoratori sono allo stremo con 750 euro al mese e un tessuto sociale che può esplodere da un momento all’altro. I compromessi non possono essere pagati solo dai lavoratori. I 20 miliardi promessi per fabbrica italia, il progetto di Marchionne non ci sono”.
Di situazione incandescente parla anche Giorgio Ariaudo, responsabile del settore auto per la segreteria nazionale della Fiom che lancia l’allarme: “Il nostro governo è l’unico al mondo che non sta facendo nulla per sostenere l’automobile avendo un produttore nel proprio paese, attacca il sindacalista torinese, non si è colta la dimensione della crisi. C’è il rischio che la Fiat sopravviva più grande, ma fuori dall’Italia eppure da noi si può produrre di tutto certo se non si investe e non si diventa competitivi si ha solo un obiettivo chiaro chiudere i battenti”.
Ad ascoltare gli interventi anche Vendola che condanna il lavoro mal retribuito, insicuro e che ricatta i lavoratori: “Questa manifestazione da una forza straordinaria a chi oggi sta subendo un’ingiustizia: se vuoi lavorare accetti tutto, ogni condizione che ti impongono, anche quelle da terzo mondo. Questo messaggio non può passare perché il nodo fondamentale è la libertà e il rispetto. C’è un’Italia migliore di quella che Sacconi, Tremonti, la Gelmini vogliono sottomettere, è quella di oggi”.
Intanto dal palco Epifani conclude il suo intervento e accoglie le voci di chi manifesta: “In assenza di risposte noi continueremo con le proteste anche con lo sciopero generale”.
di Luigina D’Emilio