Cronaca

Il Giornale spara sulle bandiere. E Livorno si ricorda della sua storia

Ci voleva il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini per risvegliare una Livorno sonnolenta e rassegnata, chiusa in una crisi economica senza precedenti e con la prima industria, quella portuale, che perde pezzi e litiga sui nomi. Ci voleva una bandiera rossa nelle vicinanze di una scuola per riesumare l’animo vociante e litigioso della città, per distogliere gli occhi da quelli che sono problemi più imminenti.

Il problema è stato innescato da una bandiera rossa lasciata sventolare accanto alla lapide che ricorda come all’interno del teatro San Marco, nel 1921, nacque il Partito comunista italiano. La scissione e la nascita del partito di Gramsci legittimano una lapide? Evidentemente no, secondo la Gelmini che, su segnalazione del “Giornale” diretto da Feltri e Sallusti, ha scoperto come quella lapide e la relativa bandiera si trovino vicino a una scuola materna.

Apriti cielo: “Le bandiere devono essere rimosse”, ha tuonato il ministro. “Adesso invierò gli ispettori a Livorno”. E stamani è arrivato l’ispettore del ministero, con puntualità svizzera e come se dovesse occuparsi di un problema riguardo al futuro della scuola italiana. A fine visita il funzionario del ministero non ha parlato, ma ha ammesso che la scuola si trova in una strada, la bandiera e la lapide in un’altra.

L’impressione è che si trattasse della risposta da destra alla polemica sulla scuola di Adro, quella sulla cui – in questo caso davvero sulla facciata della scuola – facevano bella mostra i simboli della Lega, e che Il Giornale avrebbe sbagliato il tiro, visti i risultati di un fuoco destinato a spegnersi immediatamente.

Una polemica che ha risvegliato anche la vis polemica del sindaco Alessandro Cosimi, ex pci, poi pds, ds, pd, che ha risposto come la “bandiera si possa anche togliere, ma la lapide non si tocca. Farebbe meglio il ministro, ha detto ancora Cosimi, a inviare ispettori per altri problemi più strettamente legati alle sue competenze”. Risposta neppure troppo diplomatica, ma che non è ritenuta sufficiente dall’ala antagonista della città, in particolare ai nostalgici che fanno capo al Centro politico 1921, pronti a farsi passare sopra pur di difendere la storia del partito: “I notabili, anche quelli della sinistra, vogliono che questa sia la città della Folgore, noi ribadiamo quali sono le nostre radici. E non sono legate ai gradi militari”.

La storia è semplice e nota: all’ex teatro San Marco, nella preistoria del 1921, nacque il Partito comunista italiano. Fu qui che gli scissionisti del partito socialista si riunirono dopo aver lasciato un altro teatro, il Goldoni, e disegnarono la bandiera rossa con la falce e martello. Preistoria, appunto. Tanto che di quel teatro l’unica traccia rimasta è la facciata.

Nessuno si era mai sognato di sollevare una questione. La lapide sta lì da sempre ed è una dei segni storici di una città relativamente moderna, la cugina più piccola tra i santuari pisani, fiorentini, lucchesi e senesi, nata per volontà dei Medici che ne vollero fare il loro porto.

Insomma, se è una replica di quanto avvenuto ad Adro, gli artefici della polemica resteranno delusi, perché si tratta di un caso che non ha niente di paragonabile. Se la questione è rimuovere la lapide, come il sindaco Cosimi ha lasciato intendere e il braccio armato in città di Matteoli, Bruno Tamburini, ha detto in maniera più esplicita, lo scenario che si apre è sicuramente diverso.

di Emiliano Liuzzi