Per un pugno di peperoncini
C come Ci sono dei Misteri che hanno poco a che fare con i Mestieri. D’altronde mio padre mi ha lasciato in mano come unica eredità promessami tanti anni fa un pugno di peperoncini e mia madre da sempre mi ha istruito su come stare lontano dagli acchiappa-citrulli, immunizzandomi sia l’uno che l’altra da chi, presentandosi sotto false spoglie, tentasse nei miei confronti imbrogli emotivi, portandomi lontano dai loro insegnamenti. Padre etico e madre sociale mi hanno grazie a Dio condannato a stare dalla parte di chi non può prevedere il futuro. No, almeno noi comuni mortali non possiamo. Ma, se la divinazione ci viene difficile, l’uso del buon senso ci può comunque venire in aiuto. Nel mio caso ne sono certo perché ho già detto e chiarito in varie occasioni che, quando non ci sarò più, voglio essere ricordato come “Fabio Picchi devoto alla Parmigiana di Melanzane”. Il buon senso, e non la divinazione, mi fa prevedere che nessuno dei miei quattro figli si metterà a contraddire questa mia richiesta, vuoi perché mi vogliono bene ma anche perché adorano la Parmigiana e in generale tutte le Melanzane. Dunque un certo senso di certezza e un non poco senso di pace mi pervadono l’anima. La mia amata Melanzana mi sopravvivrà. L’idea con la concretezza della mia devozione nei suoi confronti mi resisterà, se non altro in quella scritta che mi sovrasterà, ma anche nella sua intima e concreta realissima sostanza di piatto fritto, unto e bisunto, sporcato di pomodoro, con l’aggiunta di una piccola alchimia di basilico che si appoggerà alla svenevolezza di un fior di latte e/o, come unica variante, provola affumicata. Con un non-niente nascosto da qualche parte di uno spicchio d’aglio. Fette sovrapposte come torre farcita che sporzionata sul piatto si disporrà inclinandosi come Persiana con le sue stecche, dichiarando così anche le sue probabili origini, mascherate da quel necessario altro non-niente di Parmigiano grattugiato, denunciante sempre e comunque le nostre capacità di Paese e di Nazione stracolmi di intelligenti verità. Il Parmigiano e la Parmigiana prodotti dalla saggezza dei Mestieri tramandati e imparati che prevedono studio, fatica e apprendimento, talento e umiltà. Tutto questo mi permette la divinazione sulla socialità e l’eticità dei miei figli. Mi rassicura sulla loro incapacità di mettersi a guarnire piatti di cibi appoggiati per strabiliare avventori adescati da luminescenti e improbabili apparecchiature, atti più che altro a rispondere a piccole borghesi ed ignoranti sotto-culture della nostra capacità di accoglienza con piatti senza nome e senza storia e, per intendersi bene, senza futura storia. Sì, di questo son certo. Anche perché mia figlia, quella che in famiglia cucina meno volentieri, ha sposato viva Dio un napoletano, spacciatore di sfogliatelle con madre e padre coraggiosi per battaglie vissute in prima linea contro i sistemi malavitosi e che nel fermarsi ti offrono una pastiera, piena di stima e acqua di fiori d’arancio. Ma anche per quel decimo di sangue sempre partenopeo che scorre nelle vene degli altri tre miei figli. Questo dovrebbe gioco-forza far galleggiare nella loro segnata memoria la potente essenzialità di una Parmigiana di Melanzane che può sopravvivere soltanto in territori mondati dalle infanganti immondizie dell’avidità di ignavi complici di volgari acchiappa-citrulli. Nell’immortale speranza di un urlo echeggiante Campania Libera, Melanzana Libera, Italia Libera dai malavitosi e dai conformismi dei mai innamorati dei loro territori, dei loro figli, sfregianti se stessi e le loro donne, irriconoscenti alle generazioni passate, avidi incoscienti per le generazioni future.
Mio padre non c’è più. Ma mi ha lasciato oggi con in mano, nel mio pugno chiuso, dei semi di peperoncino che se macinati daranno piccantezza infinita alla vostra salsa livornese unta e bisunta. Nel suo rosso troverete un potere magico, un potere divinatorio che vi farà condividere con me la certezza che mai spariranno i saperi intorno al Minestrone alla Genovese, al Saltimbocca alla Romana, all’Osso Buco con Risotto alla Milanese, al Tortellino, alla Lasagne, ai Passatelli, alle Panzanelle, al Baccalà Giudaico-Livornese, a un pomodoro staccato e morso, a un carciofo in pinzimonio, all’infinità dei nostri patrimoni. Cucina Libera da quest’esercito di nienti, invasore della bellezza dei nostri territori, dei territori della nostra, e non loro, emotiva creatività.