Lo chiamano “libel tourism” (turismo della diffamazione) ma, talvolta, anche “libel terrorism”. Da anni personaggi ricchi e famosi trovano in Inghilterra la giurisdizione ideale per intentare cause di diffamazione contro editori, giornalisti e scrittori. La legge inglese è particolarmente favorevole ai ricorrenti e i tribunali inglesi accolgono tutti i ricorsi, a condizione che il materiale ritenuto offensivo sia stato pubblicato anche in Inghilterra. E’ sufficiente che siano state poste in vendita solo poche copie di un libro, di un giornale o di una rivista, senza contare che il rischio è aumentato negli ultimi anni grazie alle pubblicazioni on line.
Frequenti, dunque, i casi di soggetti stranieri citati e giudicati in Inghilterra, anche senza essere presenti, e tutt’altro che raro il rischio di vedere la sentenza inglese fatta valere dai “diffamati” nei rispettivi paesi di residenza.
Famoso il caso del direttore di un giornale danese citato per diffamazione da una banca d’investimento islandese per la pubblicazione di alcuni articoli che criticavano i consigli per pagare meno tasse forniti dalla banca ai suoi facoltosi clienti. Purtroppo gli articoli erano stati anche pubblicati, tradotti in inglese, in un sito danese.
Il problema ha assunto tali proporzioni da indurre, due anni fa, lo Stato di New York ad approvare una legge (Libel Terrorism Prevention Act) che protegge gli scrittori dalle sentenze straniere pronunciate in paesi che non rispettano gli standard previsti dagli Stati Uniti per la libertà di espressione.
Pochi mesi fa, dopo l’approvazione di Congresso e Senato, è stata inoltre firmata dal presidente Obama una legge che invalida negli Stati Uniti le sentenze per diffamazione pronunciate all’estero, a meno che il paese di provenienza non garantisca la libertà di espressione in termini equivalenti a quelli del Primo Emendamento della Costituzione americana (Securing the Protection of our Enduring and Established Constitutional Heritage Act).
Anche la Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite si è espressa contro la legge sulla diffamazione inglese in quanto scoraggerebbe le critiche dei media su materie importanti e di pubblico interesse, minando la possibilità di studiosi e giornalisti di esprimersi pubblicando liberamente i loro scritti.
L’attuale governo inglese, come il precedente, si è impegnato ad affrontare il tema nel tentativo di contenere il “libel tourism” e offrendo al contempo maggior protezione ad editori e giornalisti nell’eventualità di cause per diffamazione.
La bozza di una nuova legge sulla diffamazione dovrebbe venir presentata nella primavera del prossimo anno.
Per saperne di più
Defamation Act 1996
Libel tourism
From Wikipedia, the free encyclopedia
“Libel Terrorism Prevention Act”
“Securing the Protection of our Enduring and Established Constitutional Heritage Act”
Reynolds v Times Newspapers Ltd
From Wikipedia, the free encyclopedia
Libel reform (selezione articoli da The Guardian)
The New York Times
Published: Sunday, January 20, 2008
Britain, a destination for “libel tourism”
By Doreen Carvajal
The Independent
Thursday, 21 August 2008
Invasion of the libel tourists
US celebrities are being actively courted by media lawyers to take advantage of Britain’s tougher libel laws and bring their cases to London
By Robert Verkaik
Find Law.uk
London: ‘Libel Capital Of The World’
By Robert Clarkson on September 23, 2009 9:30 AM
Publishers Weekly
Oct 11, 2010
Frankfurt 2010: Libel tourism–No Passport Required
The UK
By Duncan Calow, Partner and Sarah Phillips, Associate, DLA Piper, London
The US
By Andrew Deutsch, Partner, DLA Piper, New York
UK Human Rights Blog
September 15, 2010 by Adam Wagner
New senior media judge to play important role in balancing of rights