Ci siete rimasti male? Mi dispiace. Sono davvero spiacente che la piroetta di Gianfranco Fini e “futuristi” vari, gli incrollabili legalisti pronti a salvare dall’autorizzazione a procedere il re dei buchi Pietro Lunardi (propugnatore dell’entente cordiale con la Mafia) e disponibili a forgiare scudi berlusconici nella premiata fucina Alfano, vi abbia spiacevolmente sorpreso. Però è anche un po’ colpa vostra. Cosa vi aspettavate da un giovanotto che ha impiegato cinquant’anni per capire che Benito Mussolini non è propriamente “il più grande statista del secolo” e un ventennio per prendere le misure a Silvio Berlusconi?
Pensavate davvero che la Bad Godesberg (cioè il luogo simbolo dei socialisti tedeschi, dove venne spedita in soffitta la paccottiglia di un sinistrismo ottocentesco) per questa Destra italiana, ormai largamente berlusconizzata, potesse ridursi al lavacro di qualche condivisibile banalità dichiarata dal presunto “compagno” Fini (tipo legalità e matrimonio gay) e al suo annodarsi cravatte dai colorini pastello?
Suvvia, ancora una volta qui funziona la collaudata formula del “politico come imprenditore di se stesso” di Joseph Schumpeter; corredata dal salace commento del principe Ottone di Bismarck per cui «la gente dormirebbe meglio se non sapesse come si fanno le salsicce e la politica».
Ecco, l’esposizione della politica-salsicce dovrebbe ridestarci dal sonno ipnotico indotto dalla propaganda. Ma sarà proprio così?
Purtroppo c’è da dubitarne. Perché la vera causa della delusione di cui si diceva sta altrove: in un approccio alla vita pubblica acritico tendente al fideistico. L’idea che tutto si risolva con l’arrivo di un cavaliere sul bianco destriero per trarci in salvo. Si potrebbe dire, una sorta di innamoramento preventivo. E ripetitivo.
Infatti, visto che ho un mucchio di stagioni sul groppone, posso testimoniare di aver visto avvisaglie del fenomeno oltre quarant’anni fa; nel culto che a quel tempo aureolava Marco Giacinto Pannella (circondato da una corte dei miracoli di adoranti che si chiamavano Adele Faccio, Gianfranco Spadaccia, Adelaide Aglietta. E la stessa Emma Bonino si apprestava a trasformarsi nel clone del grande incantatore, che tuttora – purtroppo – continua a gravarle sulle spalle). Ovviamente, a prescindere dai meriti del suddetto in materia di diritti civili. Meno per aver portato in Parlamento Cicciolina o aver spillato lo spillabile al Cavalier Berlusconi in cambio di un apprezzato filibustering a sinistra.
Dopo sono comparsi sulla scena altri “oggetti delle brame” di uomini e donne che confondono la politica nell’immedesimazione acritica. E un buon numero di tali “oggetti delle brame” ci ha pure marciato. Continuano a marciarci. Tra l’altro beccandosi tra di loro per la conquista della patente di assoluta purezza (e relative praterie di consensi).
Del resto – sempre in materia di “arrivano i nostri” – continuo a sentire riproporre un altro abrakadabra salvifico non meno molesto, che si traduce nel richiamo a una “società civile” incontaminata e dalle enormi potenzialità rigenerative. Anche se poi non si riesce a dare un volto a questa meraviglia. Chi sarebbe il campione “sociocivile” nelle cui braccia dovremmo abbandonarci? Luca di Montezemolo? Alessandro Profumo? Un poeta ermetico o un cantante pop/folk? Magari uno stilista milanese?
Forse varrebbe la pena ricordare che l’etimologia di “rappresentanza” è “rappresentazione”, messa in scena: l’eterna ambiguità della politica. Che sconsiglia di delegare ciecamente a chicchessia il perseguimento di quanto riteniamo giusto e opportuno. Perché la politica non è solo effetto scenico, soprattutto partecipazione e controllo. Altrimenti il domani sarà carico di ulteriori delusioni.
Come sa chi ha voglia di leggere le cosucce teoriche che scrivo nei miei libretti e su MicroMega, io osservo con estrema simpatia i movimenti politici e sociali. Li considero il sale di quella terra chiamata democrazia. Sono pure pronto a dare una mano. Ma sempre nella convinzione che il bello del movimento sta in se stesso. Appunto, nell’essere “movimento”: una forza sorgiva che smuove le acque stagnanti del dibattito pubblico e funziona da antidoto per le tendenze burocratiche della rappresentanza inguattata nelle stanze tiepide e intorpidenti delle istituzioni.
Un antico liberale diceva che «il Potere corrompe, il Potere assoluto corrompe assolutamente». Per questo occorre che noi, donne e uomini alla ricerca di una società più giusta e libera (mi veniva da dire “decente”), non rinunciamo mai a svolgere una funzione di contropotere critico. Quel contropotere critico che non è lo stupore se il leader o presunto tale, di cui ci eravamo innamorati, si rivela un furbacchione che puntava ad altro.
La descrizione della politica nei termini di una lotta del nostro campione solitario contro il mucchio selvaggio è roba da cinematografo.
«La differenza tra la politica e cinematografo è che in politica spesso vincono i cattivi». Parola di Robert Altman, grande regista saggio e disincantato.