Secondo gli investigatori aveva sostituito Falsone nel ruolo di reggente di Cosa nostra agrigentina. Il boss è stato arrestato in una palazzina di Favara. Era latitante dal 1999
Il boss è stato sorpreso mentre si trovava al primo piano di una palazzina in Corso Unità d’Italia. I militari hanno fatto irruzione dalla porta e dalle finestre, lanciando prima nell’appartamento bombe accecanti per immobilizzarlo. Nel covo hanno trovato una pistola a tamburo, una semiautomatica con un colpo in canna e un libro su Totò Riina. Subito dopo la cattura è stato consegnato ai carabinieri del reparto operativo di Agrigento che avevano cinturato l’intero edificio, tenuto da alcuni gironi sotto controllo. I militari dell’Arma hanno chiesto a Gerlandino Messina di confermare la sua identità, ma il boss è rimasto in silenzio.
Geraldino è figlio di Giuseppe Messina, assassinato nella strage di Porto Empedocle nel 1986 durante la guerra di mafia contro gli stiddari. Anche lo zio Antonino fece la stessa fine. I due fratelli di Gerlandino, Fabrizio e Gianni Messina, sono stati arrestati nel 2003 nell’ambito di due operazioni diverse. I due sono stati assolti dall’accusa di associazione mafiosa nel febbraio scorso dalla Corte di Cassazione.
Il boss ha iniziato la sua carriera criminale con rapine alle banche, anche fuori dalla Sicilia, estorsioni e omicidi. Tra questi c’è quello del maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, assassinato a colpi di arma da fuoco il 4 aprile del 1992 mentre viaggiava su una Ritmo, lungo la statale di Agrigento, all’altezza di Menfi.
La sua abilità con le armi lo hanno fatto diventare molto apprezzato, al punto da essere scelto da Giuseppe Falsone stesso come suo vice. Proprio dopo l’arresto quest’ultimo a Marsiglia alla fine dello scorso giugno Gerlandino Messina è diventato il nuovo capo di Cosa nostra ad Agrigento. Stando alle dichiarazioni del boss pentito Maurizio Di Gati, Gerlandino Messina “ha preso il ruolo di vice reggente della provincia di Agrigento nell’anno del 2004”. La scelta avvenne nonostante la resistenza feroce dei clan rivali: il territorio di Porto Empedocle è stato per anni dominio incontrastato del boss Luigi Putrone, capo della famiglia locale rivale dei Messina, che dovettero andare via. Con gli arresti dell’inchiesta Akragas del 1998 e 1999, che avevano decapitato i vertici locali e provinciali di Cosa Nostra, diversi capimafia furono costretti a darsi alla latitanza. Tra questi anche Luigi Putrone, che scappò dall’Italia nel marzo del 1998 lasciando il campo libero per il rientro da latitanti di Gerlandino Messina e dello zio Giuseppe. Dopo l’arresto di Falsone il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo si augurò di poter arrestare in tempi brevi Messina.
Grazie alle indicazioni dei collaboratori di giustizia Di Gati e Giuseppe Sardino di Naro gli investigatori erano riusciti a trovare un suo nascondiglio. Si trovava sempre a Favara, nel centro urbano, nel garage di una palazzina in cui era stato creato un bunker dotato di tutti i confort.
Con il suo arresto si riducono a 16 i latitanti “di massima pericolosità” inseriti nel programma speciale di ricerca della direzione centrale della polizia criminale. L’elenco, che inizialmente conteneva 30 nomi, è stato via via ‘spuntatò con i 14 arresti avvenuti dal 2008 ad oggi. Tra questi spiccano Giovanni Nicchi (mafia), Giovanni Strangio (‘ndrangheta), Salvatore Russo (camorra). Tra i 16 rimasti da catturare, il più noto è il boss di Cosa Nostra Matteo Messina Denaro.