Secondo uno studio del National Institute of Mental Health americano reso noto in questi giorni, il cervello delle neo mamme diventerebbe più grande subito dopo il parto. I ricercatori che hanno firmato lo studio sulla rivista della American Psychological Association, sostengono che “il cambiamento nei livelli ormonali uniti alla necessità di far fronte alla cura del bambino potrebbero essere alla base dei cambiamenti». Potrebbero? Non ci vuole un team di scienziati per capire quanto sia difficile affrontare il periodo successivo alla nascita di un figlio, soprattutto del primo. Nonostante, o forse anche a causa, di quello che ci vende il marketing del puerperio e della prima infanzia, tutto mamme sorridenti e bambini placidamente addormentati nei loro lettini (?!), i primi due mesi sono un campo minato di insicurezze e crisi d’inadeguatezza, sensi di colpa, pianti improvvisi e una stanchezza mai provata prima. Il problema non è superare questi due mesi, ma ricordarsi che ci siamo passate tutte. E che è temporaneo. Parlando con un gruppo di amiche, ex neomamme, è nata un’idea: un piccolo decalogo di cose da ricordare, quelle che avremmo voluto che qualcuno ci avesse raccontato prima di affrontare quel delicato e importante momento. Perché l’inizio di una nuova vita può essere tanto travolgente quanto sconvolgente. Casi estremi a parte (la depressione post partum è un dato di fatto e, fortunatamente, uno stato transitorio curabile con le terapie adeguate) ecco qualche consiglio da parte di chi c’è già passata.
Primo: non state sole, incontrate altre mamme di primo pelo. Anche conosciute al supermercato. Anche se avete la casa in ordine come dopo il passaggio di un uragano, a turno aprite la porta del vostro nido e lasciate entrare chi sta vivendo la vostra stessa esperienza. Davanti a un caffè (e altre tre mamme sulla soglia dell’esaurimento) è più facile esorcizzare ansie e preoccupazioni.
Secondo: la paura è normale. Avere paura è sano, in questo momento. Tutte abbiamo avuto paura. Paura che non respirasse. Paura di non avere abbastanza latte. Paura che si infettasse il moncherino del cordone o paura di addormentarci e soffocarlo col nostro corpo. La paura è una compagna fedele, in queste settimane. E’ ok, non preoccupatevi. Qualche esperto potrà dirvi che è funzionale a mantenere alta la soglia di attenzione. A noi basti sapere che non siamo paranoiche. E che poi passa.
Terzo: abbiate fiducia nelle vostre capacità. A partire dalla gravidanza. Il mio ginecologo preferito dice sempre: “Solo le madri sanno cosa gli succede, noi possiamo solo mettere la scienza a disposizione del loro istinto”. Ascoltate i vostri bimbi e ascoltatevi: la risposta spesso è scritta da qualche parte dentro di voi.
Quarto: vostra madre ha ragione, che vi piaccia o no. In quei momenti non ve ne renderete conto: il passaggio dal rapporto madre-figlia a quello tra madre e madre è faticoso e lacerante quanto il parto vero e proprio. Vi sentirete osservate, criticate, messe alla prova. Ma dopo qualche anno vi renderete conto che non era (sempre) così. E che ascoltando i loro consigli, nelle prime settimane, vi sareste risparmiate qualche fatica.
Cinque: sbaglierete. Perdonatevi. Tutte le mamme del mondo hanno sbagliato, è normale. Abbiate la forza di accettarlo: nonostante tutti i vostri sforzi raggiungerete solo il 50% del risultato sperato. Va bene così. Respirate a fondo, imparate dai vostri errori e ricominciate da capo. Ricordate che per quei nuovi esserini siete comunque i migliori genitori del mondo.
Sei: non dormirete. E sopravviverete lo stesso. Se non piangerà perché ha fame, sete, il pannolino sporco o il vomitino sul cuscino vi ritroverete comunque a fissarlo, in piena notte, per controllare che respiri, che non sudi, che non abbia freddo, che non stia male. Il nostro corpo è programmato per superare anche questa privazione del sonno che in altre condizioni avreste ritenuto incompatibile con la vostra sanità mentale.
Sette: Google non ha figli. O meglio, la rete serve solo per facilitare il contatto tra le varie esperienze, ma non cercate ossessivamente risposte online a questioni pratiche, soprattutto mediche: il rischio panico è garantito, ci sono ricerche serie che evidenziano come l’80% delle informazioni mediche online siano fuorvianti se non del tutto errate. Meglio dotarsi di un contatto telefonico di fiducia per le emergenze (pediatra, ostetrica, amica medico meglio se con figli: l’esperienza vale più di una laurea in certi casi) e soprattutto tenere vivo il dialogo con le altre mamme anche sulla routine quotidiana.
Otto: lasciate che i padri vi aiutino. Congedi/orari di lavoro a parte, all’inizio siamo noi a tenerli fuori dalla gestione quotidiana del piccolo perché, ammettiamolo pure, non ci fidiamo. Sarebbe tutto molto più facile e bello se riuscissimo con prudenza a superarlo. Loro amano quel fagotto quanto noi e si sentono più inadeguati di noi. Aiutatevi a vicenda, imparate insieme. I veri uomini, scrive un’amica australiana, cambiano i pannolini e si alzano di notte a riempire i biberon.
Nove: fuggite. Solo un po’, solo ogni tanto. La maternità può essere davvero soffocante. Trovate il modo di uscire a camminare, anche solo per poco, in assoluta solitudine. Entrate in un cinema e guardatevi un film senza pretese. Fatevi un massaggio. Compratevi un vestito nuovo che vi stia bene anche con quei quattro chili ancora da smaltire dopo il parto. Perché…
Dieci: ci rientrerete, in quei jeans. Ma non c’è fretta. Non credete a chi vi dice che allattare fa dimagrire: non è così per tutte. La natura ci ha dotate di un sistema di stoccaggio grassi che dà il meglio di sé proprio durante l’allattamento, è quindi normalissimo mantenere il peso in eccesso dopo il parto per tutta la durata dell’allattamento (sei mesi? Un anno? Di più? Ognuna decida quello che riesce a fare senza stressarsi troppo). Quando la piccola idrovora passerà definitivamente alle lasagne al forno, un po’ di moto e qualche caloria in meno vi riporteranno dentro il vostro vecchio guardaroba.
Ps. E comunque, ricordatevelo: fra qualche anno vi mancherà un sacco, tutto questo delirio. Io mi appresto ad affrontarlo, per la seconda volta, tra cinque giorni. A presto!