Nel tentativo di limitare il danno generato ai precari dai tagli alle cattedre portati dalla cosiddetta riforma, il ministro Mariastella Gelmini ha realizzato un sistema di sussidi che suona come una beffa per i precari ma anche per i contribuenti e nel contempo ha comportato danni agli studenti, in particolare a quelli con disabilità.

Per chiarire al cittadino quanto accaduto, occorre andare con ordine:

1) il ministro Gelmini, di concerto con il collega Tremonti, ha attuato la cosiddetta riforma della scuola superiore con il ridimensionamento orario, la riduzione delle compresenze dei docenti, l’aumento degli studenti per classe e la creazione di nuove classi di concorso (leggi ‘gruppi di materie’) in cui confluiscono insegnanti di discipline molto diverse fra loro. In definitiva si ottiene un notevole taglio numerico del personale insegnante e non insegnante che appare come un taglio alle spese;

2) per “salvare” i precari rimasti senza incarico, il ministro Gelmini aveva realizzato già il 5 agosto 2009 un accordo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’INPS perche’ fossero pagate tempestivamente le indennità di disoccupazione al personale precario (docente, educativo, amministrativo, tecnico ed ausiliario) che l’anno precedente aveva ottenuto un contratto di durata annuale o fino alla fine delle attività didattiche e che non riesce ad ottenere nuovamente un contratto analogo;

3) per integrare l’indennità di disoccupazione, il Ministero Gelmini ha realizzato (sia per l’anno scolastico 2009-2010 che per il 2010-2011) accordi con le singole Regioni che consentono ai precari di cui al punto 2 di integrare lo stipendio fino all’intera cifra venendo coinvolti in attività locali di “integrazione dell’offerta formativa”. Non solo: a docenti e personale ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario) sarà anche riconosciuto il punteggio previsto per le graduatorie come se avessero svolto una supplenza annuale. Infine, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si è impegnato a garantire il pagamento delle supplenze brevi e contribuire con ulteriori risorse;

4) i gruppi di ore di insegnamento rimaste vacanti nelle scuole vengono assegnati (operazione fatta dopo le prime settimane trascorse nel caos) per tutto l’anno prioritariamente ai docenti interni, se disponibili, fino a concorrenza dell’orario massimo previsto dal contratto, per il resto saranno chiamati dei precari.

Ed ecco le conseguenze pratiche di queste decisioni:

1) davanti alle proposte di accettare contratti con orario o durata inferiore a quelli dell’anno prima, molti dei precari nei primi posti delle graduatorie (cioè quelli che l’anno scorso hanno lavorato tutto l’anno a orario pieno) rifiutano per non perdere i benefici del decreto salvaprecari e degli accordi con le regioni, cioè per non perdere lo stipendio intero per uno ridotto e il punteggio pieno per uno ridotto (consideriamo anche che molti precari nelle prime posizioni in graduatoria hanno famiglia), quindi si perde tempo a scorrere ulteriormente la graduatoria, fino a trovare personale disposto a lavorare su spezzoni orari;

2) nonostante le promesse degli anni scorsi fatte dal ministro Gelmini riguardo alle nomine tempestive dei supplenti nelle scuole, si crea quindi un ritardo nell’assegnazione delle cattedre (che in vari casi dura ancora oggi, dopo un mese e mezzo di scuola) e le scuole (con classi sempre più numerose) precipitano nel caos. In particolare molti ragazzi disabili – cui già erano state tagliate le ore di sostegno – restano completamente senza sostegno nel primo periodo di scuola;

3) i contribuenti vengono beffati, in quanto si ottiene un servizio di qualità più scadente a costo pressocchè invariato per la comunità. Infatti alla fine a moltissimi precari verranno pagati stipendi uguali a quelli di prima, con fondi dello Stato e delle Regioni (cioè con le imposte e le tasse pagati dalle imprese e dai cittadini) mentre il risparmio ottenuto assegnando le ore ai docenti interni è minimo, perchè le ore eccedenti sono retribuite.  Inoltre  è stato compromesso il diritto allo studio dei figli e nipoti dei contribuenti (perchè gli alunni sono rimasti – e molti sono ancora – per tante ore senza insegnante e i supplenti di altre materie non possono certo fare lezione, limitandosi a garantire la sicurezza e la presenza a scuola dei ragazzi). In particolare è stato compromesso il diritto allo studio dei ragazzi disabili, colpiti ancora una volta dai tagli.

In tale quadro, suona persino una beffa il fatto che negli accordi con le Regioni sia previsto che i precari rimasti senza contratto annuale a scuola vengano utilizzati per

– la prevenzione e il recupero degli abbandoni e della dispersione scolastica;

– l’offerta di servizi e interventi differenziati, volti ad ampliare e qualificare la partecipazione della persona al sistema di istruzione e formazione;

– la realizzazione di progetti di sperimentazione organizzativa, didattica ed educativa;

– la realizzazione di progetti mirati al sostegno didattico ed educativo degli allievi in condizioni di svantaggio sociale con necessità educative speciali;

– lo sviluppo di azioni volte a garantire ai disabili il pieno accesso agli interventi previsti dalla legge;

– la realizzazione di progetti mirati all’accoglienza, all’integrazione culturale e all’inserimento scolastico dei cittadini stranieri e degli immigrati.

Infatti

– le classi si trovano ad avere meno ore di insegnamento nelle materie di indirizzo e meno insegnanti disponibili nella scuola;

– i precari si trovano di fronte alla scelta di accettare contratti statali ridotti rispetto a quelli dell’anno prima pur di operare nell’ambito delle competenze pertinenti ai loro titoli o di accettare un incarico regionale per il quale non hanno la preparazione specifica (ad es sostegno o integrazione culturale) per mantenere lo stipendio precedente;

– i ragazzi disabili o con altri svantaggi si trovano senza insegnanti e in classi sovraffollate, ma dopo diverso tempo vengono raggiunti da pensonale non qualificato per l’incarico, ma incaricato di “qualificare” e “integrare” l’offerta formativa… che non c’è!

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