Una società dove non contano i fatti ma le parole, che non devono riferire la verità ma esser consone a un bon ton che non ferisca la vanità dei capetti locali e non interferisca con il vile tran tran di opportunisti ed ignavi, è destinata a veder fallire ogni propria istituzione.
Quel che da anni è documentato e denunciato, per dovere di cronaca oltre che per la propria e altrui salvezza, con brutale brevità e per noi poco decorosa e molto dannosa pubblicità lo sbatte in prima pagina il poco malleabile e molto austero ministro dell’Economia.
Naturalmente a Siena un trafiletto smilzo e tutti, anche i misteriosi (per chi?!) scassinatori che ci hanno così ridotto persistono – ancor riveriti dai loro lacchè – nell’intrallazzo e nell’inciucio con coloro cui dovremmo consegnare la nostra spes sine spe! Eh?
A maggiore ragione se si considera che nessuno dei direttori amministrativi subentrati negli anni del “buco” ha mai proferito una parola, forse perché soddisfatti alla stregua dei magnifici rettori dell’epoca destinatari di lauti emolumenti di cui dovranno prima o poi rendere conto.
Come quei soldi inerenti quelle “spese diverse” su cui resta inevasa una interrogazione di un consigliere di amministrazione. I docenti che tacciono in un silenzio che pare assenso a condotte rivoltanti si stupiranno a trovarsi davanti al cartello di “chiusura per fallimento”?!