La Camera si ferma per mancanza di leggi da approvare. E così, tra ponte di Ognissanti e calendario vuoto, i parlamentari si godranno una ventina di giorni di ferie. Casta? Forse, ma non è dei privilegi dei parlamentari che ci si deve lamentare, questa volta. La verità – dice il deputato Furio Colombo – è che questo stallo si poteva prevedere da tempo. Almeno dalla pausa estiva, quando è apparso chiaro a tutti che il governo era “paralizzato dalle proprie stesse fratture interne”. I costi di questa paralisi, però sono altri, sono “pezzi dello stato repubblicano che si perdono”.
Tra Lodo Alfano e mancanza di fondi, la Camera non avrà niente su cui lavorare per tre settimane. Il solito privilegio?
Noto con meraviglia che ci si accorge adesso di qualcosa che era già chiaro dalla ripresa dei lavori dopo l’estate. Per mesi la Camera si è dedicata quasi esclusivamente alla ratifica di vecchi trattati che erano rimasti sugli scaffali o a mozioni, presentate quasi sempre dall’opposizione, a cui faceva da contraltare una mozione uguale e contraria della maggioranza. E così si passava una mattina a parlare e poi a votare. Ma senza che questo corrispondesse ad alcun lavoro parlamentare.
Nessuna novità di cui stupirsi, quindi?
Ne abbiamo scritto sul Fatto Quotidiano. Una, due, tre volte. Ma il tema non è mai stato raccolto dall’opposizione, anzi, al contrario si è continuato a parlare di deputati e senatori che lavorano poco, portando avanti una vecchia questione, che sarà anche verissima, ma che non si applica assolutamente a questa situazione. In questa situazione il lavoro era, ed è, impossibile.
Come siamo arrivati al blocco del Parlamento?
Quello che adesso trapela, e chi stava in aula aveva già previsto, è che non arrivano provvedimenti dal governo, né la maggioranza si azzarda a presentare leggi. A questo va aggiunta un’altra cosa: le ragioni di questo stallo sono tre, non due come detto. E’ vero che tutto gira intorno al Lodo Alfano. Ed è vero che mancano i fondi, e questo impedisce che si possa discutere qualsiasi cosa. Ma c’è una terza ragione, politica: la famosa maggioranza del fare è paralizzata dalle sue fratture interne. Perché ci sono delle questioni che potrebbero contrapporre il Pdl alla Lega. E poi ovviamente perché ci sono le questioni che contrapporranno, o certamente potrebbero contrapporre e quindi è meglio starne alla larga il Pdl al gruppo di Fini.
Berlusconi può anche solo ipotizzare di governare altri tre anni in questo modo?
Berlusconi ha la grande qualità di fingere di non vedere e di non sapere fino all’ultimo minuto. Tra un po’ ci racconterà che lui lo dice da luglio scorso che non si può governare in questo modo. Intanto invece dice che va avanti e che governa. Addirittura fino a qualche giorno fa raccontava le cinque cose che avrebbe messo in cantiere e che avrebbe incardinato nei lavori parlamentari nei consigli dei ministri successivi, in modo da mettere al lavoro le camere su questi cinque temi fondamentali. Dei previsti consigli dei ministri due sono già saltati. In bianco, nemmeno sono stati convocati.
Torniamo al punto, come è possibile?
Il governo smentisce se stesso. Soltanto che mancando di reputazione – perché un’altra grande trovata di Berlusconi è stata perdere la faccia fin dall’inizio – non gli si può rimproverare di perderla. Può annunciare, dire, non fare, cancellare. Sempre come se fosse normale e naturale soltanto l’ultima cosa che dice o dirà.
Da italiani quasi non proviamo più stupore per questi venti giorni di stop. Ci sembrano un che di folklore. Ma quali sono le vere conseguenze del blocco dei lavori?
Sono conseguenze enormi che richiederebbero un altro tipo di opposizione. Un’opposizione senza respiro, senza tregua, che non si pieghi. Ogni volta, appena arriva una legge tutta l’opposizione, compresa l’Idv, lavora a migliorare quell’emendamento e quell’altro, quel pezzettino di legge e quell’altro. Poi magari alla fine si vota contro. Ma intanto la legge passa – perché ad oggi la maggioranza ce l’hanno – e si contribuisce continuamente a questo intrecciarsi dell’una parte con l’altra. E questo non dovrebbe avvenire. Alcuni di noi lo dicono da mesi, praticamente dall’inizio, che l’opposizione vera è quella dei repubblicani americani contro i democratici.
Cioè?
Cioè mai niente insieme, in modo che gli elettori vedano bene dove passano la linea di demarcazione e le differenze. Purtroppo non è stato così. E se per caso nel fondo di un cassetto Tremonti trovasse qualche euro e lo buttasse lì, e una legge importante venisse messa in discussione, allora inizieremmo da capo: collaborazione in commissione per dire che la stiamo migliorando, poi collaborazione con gli emendamenti, che vengono bocciati, però creano grandi discorsi. Insomma, faremmo anche in quel modo del parlamentarismo a vuoto. Almeno adesso si vede che così vuoto lo è davvero.
Perché l’opposizione non ha anticipato la stampa e denunciato chiaramente: “Guardate che il Parlamento non sta facendo niente, perché non ha niente da fare, è completamente svuotato”
Ripeto, come Fatto Quotidiano ne abbiamo parlato tre volte, di cui due in editoriale, avvertendo che la Camera non stava lavorando, e che quando lavorava era pura apparenza. Perché questo argomento non sia stato ripreso non saprei come rispondere.
E’ quasi una ammissione di costernazione
Sì, sono assolutamente costernato.
Come se ne esce, se se ne esce? Esiste una prospettiva politica in cui il parlamento potrebbe ricominciare a lavorare?
Si dovrebbe passare attraverso una crisi, che al momento non c’è, non ancora. Ma non c’è nessuna possibilità di pensare che se ne possa uscire così, ricominciando a lavorare come se ci fosse stata una interruzione di corrente.
Siamo condannati all’agonia?
Alcuni di noi hanno detto abbastanza presto che Berlusconi era entrato nella sua fase discendente. Abbiamo anche detto che questa fase discendente avrebbe portato con sé dei pezzi interi dell’architettura repubblicana, rovinandola, vandalizzandola, corrompendola. Ecco, sta accadendo ora. Questa è la caduta di Berlusconi, con grande danno per il paese. Ed è pazzesco che l’uomo che ha fatto più danno al Paese salendo al potere, ora sia in grado di fare ancora più danno cadendo.