Riassunto della puntata precedente. Nello scorso post sono partito dall’esempio della foto di un ragazzo che reggendo l’ombrello a un ex ministro è riuscito poi a ottenere incarichi prestigiosi e ben retribuiti, per fare qualche riflessione su come una certa malapolitica abbia cancellato la meritocrazia a Napoli e dintorni per premiare solo chi dimostra fedeltà cieca, assoluta e servile. Il post ha suscitato diverse reazioni e commenti. Ed amici di sicura affidabilità mi hanno trasmesso foto e notizie certe su come la ‘prassi dell’ombrello’ sia radicata nel mondo politico napoletano. Vi segnalo solo un paio di casi, quelli sicuri al cento per cento.
Ho visto coi miei occhi la foto del sindaco di un comune della cintura napoletana che poco prima delle comunali nel suo paese, reggeva l’ombrello a un senatore del Pdl. Esiste poi un’altra foto, pubblicata su una testata locale qualche anno fa, che ritrae un ex parlamentare napoletano di un partito oggi confluito nel Pd, tenere l’ombrello sulla testa addirittura a Romano Prodi in persona. “Pare sia uno step obbligato…” mi commentava con ironia un collega.
Chiedo aiuto a chi ne capisce più di me. Qual è il significato profondo di un gesto di così palese sottomissione? E’ un modo per stabilire una scala gerarchica tra chi gli ombrelli li apre e chi no? Ed ancora: dobbiamo o no preoccuparci della circostanza che persone molto potenti non siano capaci di tenere in mano un ombrello da soli? E poi: appurato che nei partiti e nella politica si fa così, nelle aziende invece i manager fanno fare carriera a chi apre loro l’ombrello o a chi produce risultati? Sono domandine da un milione di dollari, me ne rendo conto. Comunque ringrazio il cielo di fare il giornalista a Il Fatto Quotidiano e di svolgere un lavoro per il quale non sono obbligato a reggere l’ombrello a nessuno.