PARIGI – La polemica è nata in sordina. Forse per rispetto nei confronti di Jean-Paul Guerlain, 73 anni, uno dei grandi “nasi” parigini, inventore di profumi mitici, che hanno segnato i ricordi (olfattivi) di tanti francesi. O, più prosaicamente, per le pressioni del gruppo proprietario di Guerlain, il colosso del lusso Lvmh, quello di Bernard Arnault, l’uomo più ricco del Paese. E dispensatore di pubblicità per tutti i media, anche in questi tempi di crisi… Ormai, comunque, il patatrac intorno alle dichiarazioni razziste di Monsieur Guerlain è scoppiato, debordante. E non accenna a placarsi.
Era lo scorso 15 ottobre. Il signor Guerlain, discendente del fondatore della maison e ancora consulente della medesima, dopo averla venduta ad Arnault nel 1996, era l’invitato speciale del telegiornale delle 13 di France 2, il principale canale pubblico, per la gioia delle numerose massaie a quell’ora dinanzi agli schermi: molte di loro nutrono per Guerlain una vera e propria adorazione, tramandata di madre in figlia. Lo riceve la conduttrice, uno dei volti più noti della tv, la bionda e burrosa Elise Lucet. Che a un certo momento gli chiede dove abbia trovato l’ispirazione per una delle sue fragranze più riuscite, Samsara. Ebbene, il nostro risponde così: “Devo dire che per una volta mi sono messo a lavorare come un negro. Anche se non so se i negri hanno lavorato sempre così tanto, ma insomma…”. La Lucet ride. Tutto fila apparentemente liscio.
Solo apparentemente. Telespettatori infuriati cominciano a tempestare il centralino della tv. Mentre le critiche si scatenano su Twitter, per puntare il dito contro “gli effluvi nauseabondi di Monsieur Guerlain”. In serata già si scusano sia il diretto interessato (“le mie parole non riflettono in alcun caso il mio pensiero profondo – scrive in un comunicato –, ma rappresentano solo uno scivolone di cui mi pento profondamente”) sia che la televisione (alcune frasi di circostanza lette al tg). Incidente dimenticato? Macché. L’associazione “Azione repubblicana per il progresso sociale” querela il signor Guerlain e France 2. Poi si forma un movimento, “Boycottez Guerlain”: sì, boicottate il marchio, smettete di comprarlo. Lo scorso sabato un centinaio di sostenitori si è riunito davanti alla boutique di Guerlain nell’unico palazzo belle époque sopravvissuto sugli Champs-Elysées. I manifestanti hanno deposto lì flaconi vuoti dei profumi Guerlain. “Neppure io voglio lavorare come un negro”, si leggeva su un manifesto.
Hanno deciso di darsi appuntamento nello stesso posto tutti i sabato pomeriggio. Nel frattempo il “Consiglio rappresentativo delle associazioni dei neri” (Cran) ha deciso di lanciare “un’azione coordinata a livello internazionale contro i prodotti Lvmh”. Perché in Francia su dichiarazioni del genere, degne di un Berlusconi qualunque, non si sorvola con leggerezza. Quanto alla città di Montpellier, ha bloccato una manifestazione pubblicitaria di Guerlain prevista in centro. I francesi sono stati scossi anche dalla reazione insolitamente furiosa di una delle loro giornaliste televisive più popolari, Audrey Pulvar, nera, originaria delle Antille, che ha ricordato i suoi ricordi d’infanzia legati a un profumo Guerlain (“mi rassicurava, quando mia madre era assente, perché lei lo utilizzava sempre”). Per poi precisare che “non comprerò mai più neanche il più piccolo flacone Guerlain”. E concludere con le parole del poeta Aimé Césaire: “Le nègre, il t’emmerde!”. Venerdì finalmente il gruppo Lvmh si è fatto sentire, criticando ogni forma di razzismo. Mentre la Lucet, in diretta televisiva, si è scusata, con le lacrime agli occhi (dice di non aver capito le parole del signor Guerlain, altrimenti sarebbe intervenuta…). Per il momento Jean-Paul resta taciturno, lui che fino all’altroieri appariva come un gentleman di altri tempi (generoso di massime del tipo “si crea un profumo per la donna che si ama” oppure “una persona brutta di giorno può diventare bella di notte grazie al suo profumo”, wow). La vicenda si sta trasformando in un vero psicodramma nazionale. Che non si esaurirà così facilmente.