“Terrona del cazzo”.
La terrona sarebbe la sottoscritta, ma questo è un dettaglio secondario.
Il tipo di insulto, che non sentivo a Milano da un decennio, mi sembra però sintomatico del clima generale di questo Paese, dove si arriva ad organizzare i pullman per andare ad Avetrana e vedere da vicino dove è stata uccisa la povera Sarah Scazzi, per citare l’ultimo atto di inciviltà. Oppure si nega la mensa ai bambini di famiglie indigenti ad Adro, nel bresciano, ma si cerca di imporre loro una scuola tappezzata di simboli leghisti. Per non parlare di fatti ancora più gravi: le violenze contro le donne in quanto tali, l’ultima uccisa ieri dall’ ex compagno che si è suicidato, oppure contro gli stranieri (di pelle scura soprattutto) e i gay, appena definiti “moralmente sbagliati” dall’omofobo Rocco Buttiglione.
Una signora milanese con tacchi a spillo e piega fresca di parrucchiere, si è infuriata con me perché ho avuto l’ardire di chiederle “per favore” di raccogliere il fazzoletto di carta che aveva buttato a terra, e di metterlo nel cestino posizionato a un millimetro dalla sua mano, in una via semi centrale della città.
“Io non lo raccolgo e tu ti devi fare i fatti tuoi”, urlava, mentre appoggiava una borsa firmata su una macchina blu metallizzata e pulitissima, naturalmente. Perché quella era la sua automobile, ma il marciapiede – di tutti- poteva essere sporcato.
Io però i fatti miei non me li faccio, se sono di rilievo pubblico, si intende, anche se si tratta di difendere soltanto la pulizia di un marciapiede.
E’ proprio il credo del farsi i fatti propri, del girarsi dall’altra parte vedendo ingiustizie piccole e grandi, che favorisce l’anti cultura dei furbetti, della corruzione, della mafia. E così ho raccolto il fazzoletto (prendendolo con una carta, ammetto, perché mi faceva schifo), l’ho buttato nel cestino e ho detto alla signora che era una “gran maleducata”.
A quel punto è scattato l’insulto razzista, mentre stavo andando via, dandole le spalle: “Terrona del cazzo, vieni qua che ti aggiusto le ossa”.
Non sono tornata indietro. Di fare a cazzotti non ci ho pensato neppure per un secondo, non solo perché la forza fisica non mi contraddistingue, per usare un eufemismo, ma perché lo trovo idiota. La mia “vendetta” è stata lasciarla diventare afona per le urla. La mia speranza è che – nonostante la sua reazione scomposta – la prossima volta magari la carta non la butterà più a terra, anche se continuerà a pensare che i terroni, e chissà quante altre “ categorie” di persone, siano inferiori.