In Italia si sta per chiudere un ciclo. Ne sono convinti i primi cento firmatari del Manifesto di ottobre “per una rinascita della res publica e per un nuovo impegno politico e culturale”. Promosso dalle tre associazioni di area finiana Farefuturo, Libertiamo e Forum delle idee, il documento non è quello ufficiale di Futuro e libertà. Anzi, nello scenario che si è venuto a creare con la crisi del centrodestra, ha ottenuto anche adesioni da sinistra. Presentato ieri al teatro Franco Parenti di Milano, ha un nome evocativo: “manifesto di ottobre”, come quello del 1905 con cui lo zar Nicola II concesse ai sudditi una costituzione che riconosceva alcuni diritti basilari. Ormai non ci sono più sudditi, ma cittadini. Questi però vanno riavvicinati a una “politica che oggi non ha visione né passione, non sente né esprime i bisogni e i desideri” dei cittadini stessi.

Secondo uno dei promotori dell’iniziativa, la grecista Monica Centanni, “è il momento in cui la cultura deve tornare a dare filo da tessere alla politica e la politica deve offrire una sponda al mondo intellettuale, a cui spetta farsi carico della miseria e della mancanza di prospettive degli ultimi tempi”. Un nuovo patto tra cultura e politica è necessario anche per Fiorello Cortiana, che negli anni Ottanta fu uno dei fondatori dei Verdi e ora ha partecipato alla stesura del documento: “Dobbiamo lasciarci alle spalle un periodo caratterizzato da populismo, derive plebiscitarie e continue strumentalizzazioni”, spiega.

Oggi ci sono temi come la bioetica che “non possono essere affrontati sulla base delle ideologie del Novecento”, dice Cortiana. Una rigida divisione tra destra e sinistra non ha più senso e questo spiega l’invito del manifesto ad “abbandonare la retorica che inchioda il futuro al passato, superando le vecchie e inaridite appartenenze”. L’obiettivo è creare una nuova piattaforma di discussione che coinvolga in modo trasversale sia il mondo culturale, sia quello politico. Tra i primi cento firmatari non ci sono solo intellettuali di destra, come lo storico Franco Cardini, il politologo e direttore scientifico di Farefuturo Alessandro Campi e il coordinatore del Forum delle idee Peppe Nanni. Ma anche personalità di sinistra, dal filosofo Giacomo Marramao all’antropologo Franco La Cecla. Hanno firmato il manifesto i parlamentari Fli Fabio Granata, Flavia Perina, Benedetto Della Vedova e Giuseppe Valditara, ma anche i deputati Pd Paola Concia ed Ermete Realacci.

Un’adesione trasversale che apre a nuove alleanze politiche? Risponde Granata: “Il percorso proposto dal manifesto risulterà interessante se si andranno a rompere gli schemi che oggi esistono non solo a livello culturale, ma anche a livello politico”. Secondo il deputato di Fli, è oggi necessaria una nuova visione che superi “sia il liberismo individualista di Berlusconi, sia il comunitarismo chiuso e prevenuto della Lega”.

Per dare vita a una nuova piattaforma di dibattito, in cui ci si possa anche scontrare con opinioni differenti, “va innanzitutto ripristinata l’onestà del discorso pubblico – spiega Carmelo Palma, direttore di Libertiamo – perché i cittadini sono stati abbindolati da narrazioni persuasive. Ad esempio oggi viene diffuso lo slogan ‘gli stranieri sono troppi’, ma il Sapere sa che questo non è vero”. Secondo il filosofo Giuliano Compagno quello a cui i cittadini sono ormai sottoposti da tempo è addirittura un “lavaggio mediatico del cervello. Il modello proposto dalle tv di Berlusconi non ne è l’unica causa, ma ha però contribuito a omologare una parte di popolazione, che forse non è più recuperabile”.

Critiche al nuovo manifesto sono arrivate dal Giornale, che ha definito la nuova proposta “sufficientemente vaga da accontentare tutti”. Una proposta portatrice di uno slogan “quasi elettorale, vista la consonanza col movimento del presidente della Camera”, scrive il quotidiano legato alla famiglia Berlusconi.

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