Estorsione e turbativa d’asta. Di queste accuse deve rispondere – assieme a un curatore fallimentare del tribunale – l’avvocato Luca Ghelfi, fedelissimo di Carlo Giovanardi e candidato Pdl alla presidenza della Provincia di Modena alle ultime elezioni. Ai due imputati, che ieri hanno ottenuto di essere giudicati il 22 novembre con il rito abbreviato, sono contestate mazzette chieste ai familiari di un cliente di Ghelfi per truccare un’asta immobiliare. Eravamo alla vigilia delle provinciali del giugno 2009 poi vinte da Emilio Sabattini del Pd: il centrodestra attaccò magistrati e Guardia di Finanza. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio parlò di “atti istruttori così precipitosi da rischiare di condizionare la tornata elettorale” annunciando per Ghelfi un nuovo capitolo di Storie di straordinaria ingiustizia, bestseller in cui definisce vittime dell’inchiesta di Mani Pulite il segretario Udc Lorenzo Cesa e l’ex Ministro Gianni Prandini, condannati e poi salvati dalla prescrizione. Il deputato reggiano Emerenzio Barbieri sottopose al ministro della Giustizia Angelino Alfano “le modalità spettacolari del blitz della Finanza ed il clamore mediatico che hanno accompagnato la vicenda alla vigilia del voto” chiedendo l’invio a Modena degli ispettori di Arcibaldo Miller per la “divulgazione di notizie riservate”. Cosa che poi non avvenne.
Secondo l’accusa, a fine maggio 2009 l’avvocato civilista disse ai parenti di un suo cliente che sarebbero riusciti a tornare in possesso di terreni pignorati per debiti e messi all’asta. Come? Versando 25mila euro sull’unghia al commercialista e curatore fallimentare Ruggero Speranzoni, che schierava un prestanome come unico concorrente. Ma invece di arrivare a un accordo illecito, i familiari denunciarono tutto alla Guardia di Finanza. Grazie alle intercettazioni telefoniche e ai blitz ordinati dai Pm Stefania Mininni e Claudia Natalini, Speranzoni fu arrestato in flagranza (poi scarcerato per il venir meno delle esigenze cautelari) con 15mila euro sotto lo studio legale, Ghelfi venne trovato con una mazzetta da 500 nel portafogli e 4.500 euro sul comodino di casa. Gli imputati si sono difesi sostenendo che il denaro era destinato ad altre operazioni. Il Gup ieri ha accolto la richiesta di processo con rito abbreviato (che garantisce porte chiuse, sconto di un terzo della pena e possibilità di tre gradi di giudizio) fissando per il 22 novembre l’udienza con la requisitoria del Pm e le arringhe dei difensori.