Sabato 23 ottobre, Lecco è stata animata da tanti, giovani e meno giovani, contro la ‘Ndrangheta. Recentemente uno dei ragazzi di Qui Lecco Libera, Duccio Facchini, è stato denunciato per invasione di terreni o edifici (ne ha parlato Mario Portanova su questo sito) per aver scattato delle fotografie alla pizzeria Wall Street, confiscata alla ‘Ndrangheta, per denunciarne lo stato di totale degrado, per via dell’incuria di chi dovrebbe destinarla a fini sociali. Incuria che deriva anche da un’indifferenza diffusa tra i cittadini di Lecco, ma, più in generale, del Nord Italia. Il tessuto economico della mesopotamica padania è pervaso dalle infiltrazioni mafiose: se un tempo, dicono gli esperti, la mafia spremeva le imprese come limoni, oggi le coltiva, come alberi di limone, da sfruttare dall’interno. Ma al nord, ci dicono, non bisogna parlare di mafia, né di ‘Ndrangheta.

Certo, nelle scuole del nord si può vedere I Cento Passi, ma ricordando che Cinisi è in Sicilia, lontano da noi. I ragazzi cantano la canzone dei Modena City Ramblers, consapevoli che Peppino Impastato era nato nella terra dei vespri e degli aranci. Invece, passando per la periferia di Lecco, con quella musica, si capiva che i ragazzi, con i cartelli colorati e gli striscioni, contando i cento passi, non pensavano alla Sicilia e scandendo gli slogan (Denunciare la mafia non è reato, Peppino Impastato ce l’ha insegnato) non pensavano a Peppino. I manifestanti, a Lecco, pensavano alla pizzeria Wall Street, pensavano alla pizzeria Giglio, pensavano all’omertà istituzionale di chi fieramente afferma che la mafia al Nord non esiste. E, con la loro presenza, volevano far capire ai ragazzi di Qui Lecco Libera che non sono soli. Percorrere cento passi significa essere consapevoli che un problema esiste e, una volta appurata la sua esistenza, cominciare a combattere per risolverlo.

Spiace che quei cento passi non vengano percorsi dalle istituzioni, siano esse rappresentate dal Sindaco o dal consigliere di Lecco Roberto Castelli (che si vanta di aver sconfitto la mafia nel ’93 a Lecco) o dal prefetto che preferisce denunciare chi denuncia la mafia.

Spiace per chi ha disposto che un corteo di persone informate, gioiose ma indignate, non passasse dal centro bensì dalla periferia di Lecco, per non turbare le coscienze dei cittadini dormienti, forse sollevati dal fatto di non doversi schierare.

Spiace. Ma forse non è così importante l’assenza delle istituzioni alla manifestazione dei ragazzi di Lecco: loro, i cento passi, li stanno percorrendo con coraggio e determinazione. Perché la mafia, al nord o al sud, a Cinisi come a Lecco, continua ad essere, come ci ricorda Peppino, una montagna di merda.

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