WASHINGTON – E’ stato il più grande evento di tutta la campagna elettorale per il Midterm; quello che i democratici ripiegati su se stessi non sono riusciti a organizzare, e che ha ridato, almeno per un pomeriggio, orgoglio e senso di appartenenza ai progressisti di tutta America. E’ il “Rally to Restore Sanity and/or Fear” che si è tenuto ieri al National Mall di Washington. Decine di migliaia di persone hanno partecipato alla manifestazione, organizzata da Jon Stewart e Stephen Colbert, due star del canale televisivo Comedy Central: il primo ironico ed eversivo autore del “Daily Show”, tra le trasmissioni di satira politica più seguite; il secondo, una sorta di Jonathan Swift televisivo che recita la parte dell’opinionista ottuso e conservatore).
“Ci vogliono due comedians per ridare nobiltà alla politica”, c’è scritto su uno dei tanti cartelli esibiti dai manifestanti. In realtà per giorni e giorni Jon Stewart, la vera mente di questo rally, ha cercato di evitare ogni connotazione troppo apertamente politica e partitica. “Sarà un modo per placare lo scontro tra estremi in America”, diceva alla vigilia, “un modo per restaurare la ‘sanità’ del sistema”. In realtà le migliaia di persone che si sono riversate su Washington – arrivate da ogni angolo d’America, in aereo, treno, bus – appartengono alle truppe democratiche e progressiste, che secondo tutti i sondaggi stanno per perdere il controllo di almeno uno dei rami del Congresso. C’erano davvero tutti, come a una delle grandi manifestazioni di Obama, due anni fa: pacifisti, critici di Wall Street, ambientalisti, gruppi gay, anti-proibizionisti, sindacati, femministe, socialisti, mormoni per il progresso e animalisti.
I cartelli esposti se la prendono con Fox News, “la madre di tutta la disinformazione”, con “le streghe” del Tea Party, con “Wall Street che affama Main Street”, con tutti coloro che questa folla per un giorno gioiosa e audace considera le fonti dell’odio e dell’imbarbarimento del sistema. Diffusi, diffusissimi, manifesti con disegni di cuori, fiori, labbra, abbracci, e parole-slogan come “moderazione”, “rispetto”, “serenità”.
“E’ triste che una manifestazione così non l’abbiano organizzata i democratici”, dice una signora con due cartelli a difesa dell’aborto tra le mani. “Ma i nostri politici sono così screditati”. In effetti, mentre l’indice di gradimento del Congresso è al minimo storico di 20 punti, salgono rispetto e considerazione per i personaggi del mondo dello spettacolo e dei media, che offrono ironia, carisma, divertimento, e che rimediano alla mancanza di risposte dei politici su lavoro, reddito, futuro. Lo scorso agosto Glen Beck, star di Fox News e prediletto del Tea Party, ha portato migliaia di conservatori americani sullo stesso prato dove ieri Jon Stewart ha guidato migliaia di progressisti. La manifestazione di Beck si proponeva di “restaurare l’onore”, quella di Stewart ha voluto ripristinare la “sanità mentale”. Come se in tempi di crisi e confusione, tutti cercassero di tornare a qualcosa che si è irrimediabilmente perso o spezzato.
“Era tanto che non mi divertivo così”, racconta un ragazzo travestito da patatina in mezzo a un hamburger (il rally si è svolto il giorno prima di Halloween, e la varietà di costumi, travestimenti, giochi era davvero uno straordinario colpo d’occhio nel sole tiepido e luminoso del pomeriggio). Per giorni opinionisti, politici, storici si sono del resto interrogati se manifestazioni del genere alimentino il distacco dalla politica o creino partecipazione. Quello che si porta a casa, a fine pomeriggio, è però soprattutto un senso di caduta, e limitazione, rispetto a due anni fa, quando le parole d’ordine erano “change” e “hope”. Gli attuali “moderation” e “respect” appaiono più deboli, quasi crepuscolari, di fronte alla retorica urlata, populistica, e probabilmente vincente il prossimo 2 novembre, del Tea Party.
di Roberto Festa, inviato negli Stati Uniti
una collaborazione Il Fatto e Dust