E’ “preoccupato e amareggiato” Gianfranco Fini all’ incontro ai circoli romani di Futuro e libertà, al teatro Adriano di Roma. Preoccupato “perché – confesserà ai suoi dopo il discorso – se l’affare della minorenne marocchina venisse confermato in tutti i suoi passaggi più ambigui, allora il premier dovrebbe fare un passo indietro”. Le dimissioni sarebbero un passo inevitabile, necessario. E amareggiato, “perché è una vicenda che sta facendo il giro del mondo e mette l’Italia in una condizione imbarazzante e che dimostra disinvoltura, malcostume, e un uso privato del potere pubblico. Mi auguro che non sia vero ciò che è stato riportato”. La terza carica dello Stato commenta così il caso Ruby che vede coinvolto il premier. “Il Paese è fermo e dilaniato da mille polemiche”, continua Fini. Ma non parla solo di Ruby, il presidente della Camera affronta il tema giustizia, e avverte: “Stop a leggi salva premier”.
Sul caso della giovane marocchina, Fini aggiunge: “Ero a Berlino quando è scoppiata la nota vicenda, immaginate voi i commenti. L’Italia merita un biglietto da visita migliore di quello che viene presentato, e questa ennesima polemica rappresenta una brutta pagina per il nostro Paese”. Poi esprime il suo punto di vista, entrando nello specifico della vicenda: “Quello che posso dire è che il punto sul quale il premier deve fare assoluta chiarezza è uno solo: se effettivamente, come appare da alcuni verbali, c’è stato o meno un diretto intervento presso la questura di Milano per evitare che la ragazza marocchina fosse affidata a una comunità. Intendo che si verifichi se c’è stato un intervento atto a modificare la prassi e il rispetto delle regole. E’ una questione di estrema delicatezza anche perché è stato detto che Ruby fosse parente di uno statista”, del presidente egiziano Mubarak.
A chi lo accusa di fare ostruzionismo, il presidente della Camera risponde: “Interdizione sul pacchetto fiscale? No, perché non è stato presentato. Interdizione sul piano per il Mezzogiorno? No, perché non è stato presentato. Interdizione sulle leggi che servono unicamente per Berlusconi? Sì”. Un chiaro avvertimento, dunque, sul lodo Alfano retroattivo. Nessun ostruzionismo, però, da parte di Fli: “Questo – aggiunge Fini – non significa non affrontare i problemi della giustizia e della legalità”. E proprio della riforma giustizia il leader Fli parla: “Se si tratta di fare una riforma che rilanci la giustizia in termini culturali non si può dare l’impressione di assoggettare i Pm al potere esecutivo”. E lancia un avvertimento: “Noi i nostri paletti li abbiamo messi: l’unica interdizione è alle leggi ad personam, che servono solo a Berlusconi”.
Il leader Fli parla anche di economia: “Il paese è fermo, ha ragione la presidente Confindustria, Marcegaglia: il nostro esecutivo stenta ad indicare le linee di ripresa. Anziché risparmiare cento con tagli da dieci dobbiamo indicare i settori in cui investire e non solo quelli in cui tagliare”. Per essere competitivi, secondo Fini, bisogna puntare sulla qualità: “La nostra economia non sarà mai competitiva in termini di quantità. Possiamo essere competitivi solo in termini di qualità. L’alta tecnologia, il sapere applicato alla produzione. In una società come la nostra in cui le imprese sono tutte medio-piccole non si può pensare che si accollino anche spesa tecnologia. O è competenza dello Stato o le nostre imprese saranno indebolite sul piano della qualità. Farlo è indispensabile per i nostri figli e per i nostri cervelli”. E a proposito della pressione fiscale che fermerebbe la crescita della nostra economia, il presidente ribatte: “In Italia le tasse sono troppo alte ma c’è stata un’inversione di valori: chi le paga ora viene spesso considerato un fesso. Questo è un grido d’allarme enorme per la tenuta etica del paese. La politica – osserva – sembra quasi dare l’idea di favorire questo atteggiamento ed è grave. La nostra è una società dove c’è un egoismo diffuso”.
Poi Fini, interrogato sulle mancate coperture finanziarie per alcune leggi, dichiara: “Possibile che l’Italia non riesca atrovare risorse che al contrario saltano fuori quando la Lega batte i pugni sul tavolo per difendere 200 ultrà delle quote latte. Oggi non si fanno le leggi perché non ci sono i denari per finanziarle – sostiene ancora – e ormai in Parlamento si lavora non più di due giorni la settimana”. E rilancia la discussione nella maggioranza: “Il vero centrodestra lo dobbiamo
fare noi. Il Pdl al Nord è diventato la fotocopia della Lega e tra l’originale e la fotocopia, gli elettori sceglieranno l’originale. Il Paese merita più di quello che ha, merita più degli anatemi e dei manifesti propagandistici. Si rischia che se la politica è quella che leggiamo sui giornali tutti i giorni, la gente non vada più a votare e questo è un “rischio” per la democrazia”.