Cultura

La morale vita di Martin Scorsese

"Nel capolavoro di Fellini, la stessa ansia etica di oggi", rivendica il regista di Toro scatenato. Che al festival di Roma elogia Marra, Garrone e Guadagnino: “Mi ispirano”

di Federico Pontiggia

“Cinema italiano? Recentemente, ho visto film interessanti, che cercano un nuovo stile e che mi hanno ispirato: quelli di Vincenzo Marra, Gomorra di Matteo Garrone, Io sono l’amore di Luca Guadagnino. Sono registi da incoraggiare: perché danno speranza. Anche a un autore come me”.  L’attestato di stima viene nientemeno che da Martin Scorsese, arrivato al Festival di Roma per presentare la versione restaurata de La dolce vita di Federico Fellini.

Lui stesso ha collaborato con la sua The Film Foundation al restauro, curato dal laboratorio della Cineteca di Bologna insieme alla Cineteca Nazionale, Mediaset, Medusa, Gucci, Pathè, perché “mai prima di allora c’era stato un film con quella intelligenza e moralità e insieme potenziale commerciale. A mio avviso, esistono i film prima de La dolce vita e i film dopo La dolce vita, perché Fellini ha rotto con audacia l’unità narrativa, ha mostrato che sullo schermo si poteva essere onesti”.

Al festival capitolino anche con il pilot della serie Boardwalk Empire, il regista italoamericano sta girando a Parigi il suo primo film in 3D, The Invention of Hugo Cabret, ma all’ombra del Colosseo tutte le sue attenzioni sono per La dolce vita, che contiene anche scene inedite (su tutte, un audace primo piano di Anita Ekberg che entra nella Fontana di Trevi con straripante bellezza): “E’ il film più felliniano di Fellini: luci, ombre, personaggi, linguaggio, dura tre ore, ma non ha una trama. Da lì in poi, abbandonò la narrazione classica e cominciò a dipingere murales, fino ad arrivare al fellinesque, il fellinismo grottesco”.

Di quel film, di cui il festival di Roma celebra il 50°, Scorsese non riesce a dimenticare “il personaggio di Mastroianni e i suoi occhi alla fine: uno sguardo d’accettazione, molto bello. C’è qualcosa in Marcello, quando guarda la ragazza, che è insieme tragico e comprensivo. Quanto riflette di noi stessi!” e, soprattutto, esalta la contemporaneità etica: “Non credo che oggi le cose siano cambiate poi tanto: quegli stessi interrogativi morali sono i nostri, che continuiamo a sollevare con altrettanta intensità”.

Che qualcuno gli abbia parlato del Bunga-Bunga? Non è da escludere, comunque, proprio la società di produzione e distribuzione del gruppo Mediaset, Medusa, riporterà La dolce vita in 12 sale italiane: “Due giorni in ciascuna delle sale e con proiezione gratuita: vogliamo che i giovani vedano questo capolavoro sul grande schermo”, puntualizza l’ad Giampaolo Letta.

Ma sono note a margine, la verità è quella claudicante, sofferta e tenera insieme di Anita Ekberg. Dimagrita e zoppicante in seguito a un’operazione, sul red carpet riceve gli applausi dei fotografi – forse gli unici critici cinematografici rimasti oggi… – e commossa ringrazia: “Dopo questa caduta ho perso un po’ la memoria, ma se mi sforzo mi viene in mente l’acqua gelata della Fontana di Trevi”. Intanto, sfilano Gianni Alemanno e Diane Fleri, col cartello della protesta “Tutti a casa”. C’era una volta La dolce vita

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