di Luigi Sabino
Terzigno. Di questo comune di poco meno di 20mila anime fino a poco tempo fa quasi nessuno aveva sentito parlare. Poi in poco meno di un mese la cittadina alle falde del Vesuvio ha conquistato le prime pagine dei giornali, ha visto arrivare troupe delle principali emittenti televisive, è diventato il centro del dibattito politico.
Un passaggio brusco e non indolore quello da sonnacchiosa vita di provincia a realtà d’interesse nazionale perché è a Terzigno che è scoppiata l’ennesima rivolta dei rifiuti. Così, da quando il governo ha annunciato di voler utilizzare questo territorio come ennesima discarica la gente è scesa in piazza, ha eretto barricate, bloccato gli autocompattatori e, soprattutto, ha tenuto testa alle decine di poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa.
Donne e uomini, anziani e giovani, studenti e lavoratori hanno manifestato il loro no a quello che definiscono un vero e proprio “massacro del territorio”.
Momenti di tensione quando i manganelli incrociano i bastoni, quando gli elmetti fronteggiano i caschi da motociclista, quando ai lacrimogeni si risponde con i sanpietrini. Scontri, feriti, arresti, perquisizioni sono gli elementi che hanno trasformato Terzigno in una Belfast nostrana.
Che cosa ha portato comuni cittadini a opporsi alle forze dell’ordine? Se Terzigno si fosse trovata dall’altra parte della Linea Gotica per rispondere a questa domanda forse il governo si sarebbe preso qualche giorno.
Sfortuna vuole però che Terzigno non sia una ridente comunità padana ma un piccolo centro del napoletano e, soprattutto, che si trovi in un territorio controllato dai clan. Ecco allora che il “sistema” è tirato in ballo e che persone come il ministro Prestigiacomo o l’onorevole Mantovano accusino la camorra di essere regista occulta della protesta antidiscarica.
È già successo prima, a Pianura e a Chiaiano. Ogni volta che nel napoletano scoppia una protesta contro il governo chi vi prende parte è bollato come camorrista. Ma quanto c’è di vero in queste accuse? Perchè i clan dovrebbero bloccare l’apertura delle discariche? Che le cosche abbiano interessi nel settore dei rifiuti è un fatto ormai noto da quando nel 1992, Nunzio Perrella, boss del Rione Traiano diventato collaboratore di giustizia, in una delle sue deposizioni all’allora procuratore della DDA partenopea, Franco Roberti disse:
“Dotto’, non faccio più droga. No, adesso ho un altro affare. Rende di più e soprattutto si rischia molto meno. Si chiama monnezza, dotto’. Perché per noi la monnezza è oro”.
Magistratura e forze dell’ordine sono partite da qui per ricostruire, pezzo dopo pezzo, come i clan, soprattutto quelli dell’area flegrea e casertana, abbiano creato, nel corso degli ultimi dieci anni, un vero e proprio impero della “monnezza”.
Dopo Perrella, molti altri “pentiti” hanno illustrato i sistemi utilizzati dai clan per guadagnare dalla raccolta dei rifiuti. In sostanza, hanno spiegato i collaboratori di giustizia, la camorra ha operato come una efficientissima società di servizi, offrendo a imprenditori ed enti statali la rimozione dei rifiuti, anche nocivi, a prezzi contenuti.
Non è un caso quindi che nelle discariche improvvisate del giuglianese, del casertano e delle zone flegree siano finite anche tonnellate di spazzatura, comprese sostanze nocive, provenienti da altre regioni d’Italia. Un particolare quest’ultimo spesso taciuto nonostante le diverse intercettazioni telefoniche che dimostrino come gli industriali toscani e veneti fossero ben felici di chiudere un occhio sul corretto smaltimento dei loro scarti di lavorazione.
Gli affari sono affari.
I clan però non si sono limitati solo a trasportare e a seppellire rifiuti tossici. Hanno fatto di più e di peggio. Grazie ai loro contatti politici (Cosentino docet) hanno costituito aziende, comprato autocompattatori, condizionato appalti, acquistato cave e terreni in modo da appropriarsi anche del denaro pubblico destinato alle ditte che si occupano dello smaltimento.
Hanno, in pratica, assunto il controllo totale della gestione della “monnezza”. Rilevante è che le due discariche che il governo vorrebbe utilizzare a Terzigno, cava Vitiello e cava Sari, siano di proprietà di aziende che tra i loro soci annoverano personaggi del calibro di Salvatore La Marca, Giuseppe De Gennaro e Giovanni Vitiello, tutti personaggi ritenuti vicino alla cosca Fabbrocino, una delle più sanguinarie organizzazioni camorristiche della Campania. Particolare, questo, stranamente “dimenticato”.
Per capire quanto sia radicato l’interesse della camorra nell’affaire rifiuti, basti pensare che il comune di Afragola, sciolto nel 2005 per infiltrazioni mafiose, aveva affidato lo smaltimento dei rifiuti a un personaggio ritenuto vicino al clan Moccia. Cosa assurda però è che, nonostante la magistratura sia intervenuta revocando i conferimenti alle aziende del soggetto in questione, questi abbia continuato a lucrare dallo smaltimento dei rifiuti “fittando” i propri autocompattatori alle nuove vincitrici degli appalti. Si esce dalla porta e si entra dalla finestra.
Un altro modo utilizzato dai clan per condizionare indirettamente il ciclo dei rifiuti è la gestione di tutte le attività che a questo sono collegate. Costruire una discarica richiede cemento, sabbia, putrelle e chissà quanto altro ancora. Tutte attività in cui la camorra da decenni si è profondamente inserita condizionandone il mercato.
Tutti questi fattori, ampiamente documentati da decine d’inchieste delle procure antimafia campane, portano a pensare che, in realtà, la camorra dall’apertura delle discariche possa solo guadagnarci e che quindi non ha nessun interesse ad alimentare una protesta popolare. È pur vero che la DDA napoletana ha identificato 4 presunti esponenti di un clan che avrebbero partecipato agli scontri con la polizia, ma questo non fa luce su eventuali disegni criminali.
La camorra, e la storia dovrebbe averlo insegnato, non è mai mossa da semplici sentimenti eversivi ma segue sempre il proprio interesse economico, cercando il dialogo con le forze politiche ed economiche piuttosto che la contrapposizione.
Quando a Pianura il clan Lago decise di finanziare le barricate antidiscarica nel 2008, lo fece per un interesse ben preciso e che è stato poi spiegato ai magistrati da Giovanni Gilardi, ex affiliato agli stessi Lago. Il disegno descritto dal pentito era semplice. Più alta era la tensione più si distoglieva l’attenzione dalle altre località di Pianura, dove i Lago stavano costruendo palazzine abusive che alla fine frutteranno all’organizzazione circa 80.000 euro di pizzo.
A Chiaiano, invece, lo spettro della camorra durante la protesta fu evocato solo perché le forze dell’ordine identificarono dalle targhe degli scooter alcuni parenti di noti esponenti del clan Nuvoletta di Marano. Quello che, però, quasi tutti si dimenticarono di rilevare è che il presidio antidiscarica aveva preso il controllo di una delle due strade che conduce a Poggio Vallesana, residenza degli stessi Nuvoletta
Il semplice fatto quindi che presunti camorristi transitassero per i luoghi della protesta ha esteso l’affiliazione al clan anche a persone che con il “sistema” non avevano nulla a che fare.
Quando, quindi, si parla d’infiltrazioni camorristiche a Terzigno, sarebbe opportuno farlo solo dopo aver capito quale interesse avrebbe la camorra nella protesta perché altrimenti si corre il rischio di far passare per ciò che non è il legittimo e sacrosanto diritto dei cittadini di tutelare la propria salute e la propria terra.
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Strozzateci Tutti
Scrittori contro le mafie
Ambiente & Veleni - 3 Novembre 2010
Terzigno e la linea Gotica
di Luigi Sabino
Terzigno. Di questo comune di poco meno di 20mila anime fino a poco tempo fa quasi nessuno aveva sentito parlare. Poi in poco meno di un mese la cittadina alle falde del Vesuvio ha conquistato le prime pagine dei giornali, ha visto arrivare troupe delle principali emittenti televisive, è diventato il centro del dibattito politico.
Un passaggio brusco e non indolore quello da sonnacchiosa vita di provincia a realtà d’interesse nazionale perché è a Terzigno che è scoppiata l’ennesima rivolta dei rifiuti. Così, da quando il governo ha annunciato di voler utilizzare questo territorio come ennesima discarica la gente è scesa in piazza, ha eretto barricate, bloccato gli autocompattatori e, soprattutto, ha tenuto testa alle decine di poliziotti e carabinieri in tenuta antisommossa.
Donne e uomini, anziani e giovani, studenti e lavoratori hanno manifestato il loro no a quello che definiscono un vero e proprio “massacro del territorio”.
Momenti di tensione quando i manganelli incrociano i bastoni, quando gli elmetti fronteggiano i caschi da motociclista, quando ai lacrimogeni si risponde con i sanpietrini. Scontri, feriti, arresti, perquisizioni sono gli elementi che hanno trasformato Terzigno in una Belfast nostrana.
Che cosa ha portato comuni cittadini a opporsi alle forze dell’ordine? Se Terzigno si fosse trovata dall’altra parte della Linea Gotica per rispondere a questa domanda forse il governo si sarebbe preso qualche giorno.
Sfortuna vuole però che Terzigno non sia una ridente comunità padana ma un piccolo centro del napoletano e, soprattutto, che si trovi in un territorio controllato dai clan. Ecco allora che il “sistema” è tirato in ballo e che persone come il ministro Prestigiacomo o l’onorevole Mantovano accusino la camorra di essere regista occulta della protesta antidiscarica.
È già successo prima, a Pianura e a Chiaiano. Ogni volta che nel napoletano scoppia una protesta contro il governo chi vi prende parte è bollato come camorrista. Ma quanto c’è di vero in queste accuse? Perchè i clan dovrebbero bloccare l’apertura delle discariche? Che le cosche abbiano interessi nel settore dei rifiuti è un fatto ormai noto da quando nel 1992, Nunzio Perrella, boss del Rione Traiano diventato collaboratore di giustizia, in una delle sue deposizioni all’allora procuratore della DDA partenopea, Franco Roberti disse:
“Dotto’, non faccio più droga. No, adesso ho un altro affare. Rende di più e soprattutto si rischia molto meno. Si chiama monnezza, dotto’. Perché per noi la monnezza è oro”.
Magistratura e forze dell’ordine sono partite da qui per ricostruire, pezzo dopo pezzo, come i clan, soprattutto quelli dell’area flegrea e casertana, abbiano creato, nel corso degli ultimi dieci anni, un vero e proprio impero della “monnezza”.
Dopo Perrella, molti altri “pentiti” hanno illustrato i sistemi utilizzati dai clan per guadagnare dalla raccolta dei rifiuti. In sostanza, hanno spiegato i collaboratori di giustizia, la camorra ha operato come una efficientissima società di servizi, offrendo a imprenditori ed enti statali la rimozione dei rifiuti, anche nocivi, a prezzi contenuti.
Non è un caso quindi che nelle discariche improvvisate del giuglianese, del casertano e delle zone flegree siano finite anche tonnellate di spazzatura, comprese sostanze nocive, provenienti da altre regioni d’Italia. Un particolare quest’ultimo spesso taciuto nonostante le diverse intercettazioni telefoniche che dimostrino come gli industriali toscani e veneti fossero ben felici di chiudere un occhio sul corretto smaltimento dei loro scarti di lavorazione.
Gli affari sono affari.
I clan però non si sono limitati solo a trasportare e a seppellire rifiuti tossici. Hanno fatto di più e di peggio. Grazie ai loro contatti politici (Cosentino docet) hanno costituito aziende, comprato autocompattatori, condizionato appalti, acquistato cave e terreni in modo da appropriarsi anche del denaro pubblico destinato alle ditte che si occupano dello smaltimento.
Hanno, in pratica, assunto il controllo totale della gestione della “monnezza”. Rilevante è che le due discariche che il governo vorrebbe utilizzare a Terzigno, cava Vitiello e cava Sari, siano di proprietà di aziende che tra i loro soci annoverano personaggi del calibro di Salvatore La Marca, Giuseppe De Gennaro e Giovanni Vitiello, tutti personaggi ritenuti vicino alla cosca Fabbrocino, una delle più sanguinarie organizzazioni camorristiche della Campania. Particolare, questo, stranamente “dimenticato”.
Per capire quanto sia radicato l’interesse della camorra nell’affaire rifiuti, basti pensare che il comune di Afragola, sciolto nel 2005 per infiltrazioni mafiose, aveva affidato lo smaltimento dei rifiuti a un personaggio ritenuto vicino al clan Moccia. Cosa assurda però è che, nonostante la magistratura sia intervenuta revocando i conferimenti alle aziende del soggetto in questione, questi abbia continuato a lucrare dallo smaltimento dei rifiuti “fittando” i propri autocompattatori alle nuove vincitrici degli appalti. Si esce dalla porta e si entra dalla finestra.
Un altro modo utilizzato dai clan per condizionare indirettamente il ciclo dei rifiuti è la gestione di tutte le attività che a questo sono collegate. Costruire una discarica richiede cemento, sabbia, putrelle e chissà quanto altro ancora. Tutte attività in cui la camorra da decenni si è profondamente inserita condizionandone il mercato.
Tutti questi fattori, ampiamente documentati da decine d’inchieste delle procure antimafia campane, portano a pensare che, in realtà, la camorra dall’apertura delle discariche possa solo guadagnarci e che quindi non ha nessun interesse ad alimentare una protesta popolare. È pur vero che la DDA napoletana ha identificato 4 presunti esponenti di un clan che avrebbero partecipato agli scontri con la polizia, ma questo non fa luce su eventuali disegni criminali.
La camorra, e la storia dovrebbe averlo insegnato, non è mai mossa da semplici sentimenti eversivi ma segue sempre il proprio interesse economico, cercando il dialogo con le forze politiche ed economiche piuttosto che la contrapposizione.
Quando a Pianura il clan Lago decise di finanziare le barricate antidiscarica nel 2008, lo fece per un interesse ben preciso e che è stato poi spiegato ai magistrati da Giovanni Gilardi, ex affiliato agli stessi Lago. Il disegno descritto dal pentito era semplice. Più alta era la tensione più si distoglieva l’attenzione dalle altre località di Pianura, dove i Lago stavano costruendo palazzine abusive che alla fine frutteranno all’organizzazione circa 80.000 euro di pizzo.
A Chiaiano, invece, lo spettro della camorra durante la protesta fu evocato solo perché le forze dell’ordine identificarono dalle targhe degli scooter alcuni parenti di noti esponenti del clan Nuvoletta di Marano. Quello che, però, quasi tutti si dimenticarono di rilevare è che il presidio antidiscarica aveva preso il controllo di una delle due strade che conduce a Poggio Vallesana, residenza degli stessi Nuvoletta
Il semplice fatto quindi che presunti camorristi transitassero per i luoghi della protesta ha esteso l’affiliazione al clan anche a persone che con il “sistema” non avevano nulla a che fare.
Quando, quindi, si parla d’infiltrazioni camorristiche a Terzigno, sarebbe opportuno farlo solo dopo aver capito quale interesse avrebbe la camorra nella protesta perché altrimenti si corre il rischio di far passare per ciò che non è il legittimo e sacrosanto diritto dei cittadini di tutelare la propria salute e la propria terra.
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Verona, 13 mar. - (Adnkronos) - "Abbiamo voluto e portato all’interno di una manifestazione fieristica un progetto di natura sociale, per la prima volta in assoluto, in quanto non era mai accaduto che si dedicasse un intero padiglione alla fiera del sociale. Lo abbiamo fatto per la prima volta in occasione del primo evento di LetExpo, e ora siamo alla quarta edizione. Siamo partiti con tre organizzazioni tra fondazioni e associazioni: Fondazione Grimaldi, la Comunità Lautari e l’ospedale pediatrico Santobono Pausilipon, con la sua Fondazione. Oggi sono più di 50 organizzazioni, c’è stata una crescita esponenziale. Sono felice di aver condiviso tutte queste annate con il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, che ha condiviso con noi questi momenti”. Lo ha detto Eugenio Grimaldi, executive manager del Gruppo Grimaldi e presidente di Alis per il Sociale alla quarta edizione di LetExpo, la fiera di riferimento per i trasporti, la logistica, i servizi alle imprese e la sostenibilità, in programma a Verona fino al 14 marzo. La fiera è promossa da Alis in collaborazione con Veronafiere, LetExpo rappresenta l’evento nazionale e internazionale di riferimento della filiera, con un focus sulle attuali dinamiche geopolitiche e sulla sostenibilità ambientale, economica e sociale.
“Il ministro Locatelli ha ascoltato le istanze di queste fondazioni e organizzazioni, ci ha invitato a Palazzo Chigi, dove abbiamo avuto modo di parlare delle loro criticità e ascoltandole credo che nei nuovi decreti abbiano potuto portare e sollevare delle linee guida presenti oggi in questi nuovi decreti. Quindi, rappresenta un risultato tangibile che ci dà grande soddisfazione - afferma Grimaldi - Ho avuto la percezione anche di una crescita per i prossimi anni e questo dà sicuramente grande soddisfazione e ancora più voglia di lavorare”.
“E’ stato un momento di grande soddisfazione aver avuto momenti di condivisione con i gruppi del ministero della Difesa, come l’esercizio, che hanno partecipato in senso attivo non solo nel padiglione, dove c'è l'organizzazione del Ministero della Difesa, ma si sono avvicinati al padiglione 1, dedicato al sociale - spiega - Già abbiamo condiviso che l'anno prossimo avremo una partecipazione anche all’interno dell’organizzazione da parte loro. Abbiamo avuto anche l'Aeronautica militare, che con la Fanfara ha aperto il padiglione nella giornata inaugurale”. “Voglio ringraziare tutte le imprese, che rappresentano il senso di questo evento e le aziende che hanno già portato a termine alcuni progetti con la Comunità Lautari e con la Fondazione Grimaldi, ma soprattutto che hanno portato a compimento già con la Fondazione Santobono. C'è un senso pratico e tangibile del lavoro espresso in questo padiglione e in questa fiera, che porta sicuramente dei risultati nel terzo settore, dove ci sono i più fragili”, conclude Grimaldi.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Cresce la consapevolezza degli italiani verso la sostenibilità alimentare. A testimoniarlo è la recente indagine 'Le scelte alimentari degli italiani tra sostenibilità e consumo: percezioni e preferenze verso i prodotti certificati' commissionata a Consumerismo No Profit da Findus e presentata oggi durante un incontro svoltosi presso l’Acquario Civico di Milano.
Secondo il sondaggio, quasi 7 consumatori su 10 (il 68% degli intervistati) considera la sostenibilità un fattore importante, con quasi il 20% che la ritiene un driver fondamentale nella scelta dei prodotti alimentari da acquistare. Inoltre, l’indagine evidenzia come le abitudini d’acquisto stiano cambiando: rispetto a 10 anni fa, il 66% degli intervistati dichiara di aver aumentato la propria attenzione nei confronti di prodotti certificati sostenibili e 2 italiani su 10 li cercano attivamente al supermercato. Quasi la metà degli intervistati (46%) dichiara di leggere spesso le etichette per verificare la provenienza e la filiera dei prodotti alimentari, il 26% lo fa sempre.
Per quanto riguarda i prodotti certificati sostenibili, 1 italiano su 10 (12%) li sceglie sempre, mentre il 71% li acquista occasionalmente, approfittando di offerte e promozioni, dimostrando una predisposizione selettiva che spesso dipende dal prezzo. Quando si tratta di prodotti ittici, la qualità e la freschezza rimangono il principale fattore di scelta per il 64% degli intervistati, seguiti dalla provenienza del pesce (59%) e dal prezzo (51%). Ma è da segnalare anche che 1 consumatore su 4 (26%) indica le certificazioni di sostenibilità come un criterio determinante nella scelta dei prodotti ittici, un dato che suggerisce come le certificazioni stiano entrando tra i criteri di scelta, seppure ci sia da continuare a lavorare.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Cresce la consapevolezza degli italiani verso la sostenibilità alimentare. A testimoniarlo è la recente indagine 'Le scelte alimentari degli italiani tra sostenibilità e consumo: percezioni e preferenze verso i prodotti certificati' commissionata a Consumerismo No Profit da Findus e presentata oggi durante un incontro svoltosi presso l’Acquario Civico di Milano.
Secondo il sondaggio, quasi 7 consumatori su 10 (il 68% degli intervistati) considera la sostenibilità un fattore importante, con quasi il 20% che la ritiene un driver fondamentale nella scelta dei prodotti alimentari da acquistare. Inoltre, l’indagine evidenzia come le abitudini d’acquisto stiano cambiando: rispetto a 10 anni fa, il 66% degli intervistati dichiara di aver aumentato la propria attenzione nei confronti di prodotti certificati sostenibili e 2 italiani su 10 li cercano attivamente al supermercato. Quasi la metà degli intervistati (46%) dichiara di leggere spesso le etichette per verificare la provenienza e la filiera dei prodotti alimentari, il 26% lo fa sempre.
Per quanto riguarda i prodotti certificati sostenibili, 1 italiano su 10 (12%) li sceglie sempre, mentre il 71% li acquista occasionalmente, approfittando di offerte e promozioni, dimostrando una predisposizione selettiva che spesso dipende dal prezzo. Quando si tratta di prodotti ittici, la qualità e la freschezza rimangono il principale fattore di scelta per il 64% degli intervistati, seguiti dalla provenienza del pesce (59%) e dal prezzo (51%). Ma è da segnalare anche che 1 consumatore su 4 (26%) indica le certificazioni di sostenibilità come un criterio determinante nella scelta dei prodotti ittici, un dato che suggerisce come le certificazioni stiano entrando tra i criteri di scelta, seppure ci sia da continuare a lavorare.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Gruppo Webuild ha chiuso il 2024 con risultati record, superando gli impegnativi obiettivi previsti per l’anno grazie a una crescita a doppia cifra, con ricavi pari a 12 miliardi (+20% sul 2023) mentre l'Ebitda ammonta a 967 milioni (+18%, rispetto a una guidance fissata sopra i 900 milioni), corrispondente a un margine del’8,1%. Il gruppo sottolinea come la struttura finanziaria si è rafforzata ulteriormente mantenendo per il quarto anno consecutivo una posizione di cassa netta, che si attesta a 1.445 milioni nel 2024 (ben superiore agli oltre 400 milioni fissati nella guidance) mentre la leva finanziaria si è ridotta a 2,9x, attestandosi ad un livello migliore rispetto ai principali player internazionali di settore.
La crescita - si sottolinea - è trainata dallo sviluppo delle attività in Italia (Alta Velocità/Alta Capacità ferroviaria MilanoGenova e Verona-Padova, Alta Velocità ferroviaria Napoli-Bari e Palermo-Catania-Messina), in Australia (Snowy Hydro 2.0, SSTOM Sydney Metro, Perdaman e North East Link di Melbourne) e in Arabia Saudita (Trojena Dams e Connector South).
Il Gruppo ha continuato a consolidare la propria leadership in Italia e nei principali mercati internazionali, tra cui Europa, Australia, Stati Uniti e Medio Oriente, che nel 2024 hanno contribuito per oltre il 90% ai ricavi, a conferma del proseguimento dell’impegno nella politica di de-risking.
A fine 2024 il portafoglio ordini totale di Weibuld risultava pari a 63,2 miliardi di euro, di cui 54,3 miliardi relativi a construction e 8,9 miliardi riferiti a concessions e operation & maintenance. Il backlog construction - si sottolinea in una nota - "si conferma tra i più alti rispetto ai principali peers europei nel segmento construction". Peraltro, ricorda Webuild, circa il 90% del backlog construction del Gruppo è relativo a progetti legati all’avanzamento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) delle Nazioni Unite. In termini di geografie il portafoglio ordini risulta prevalentemente distribuito tra Italia, paesi dell’Europa Centrale e del Nord, Stati Uniti, Medio Oriente ed Australia - principalmente in segmenti legati alla mobilità sostenibile quali l’alta velocità, il settore ferroviario e il settore stradale - portando i progetti in queste geografie a quasi il 90% del backlog construction.
Alla luce dei risultati record raggiunti nel 2024, ma anche "del consolidato posizionamento in un mercato in forte espansione e della robusta piattaforma costruita nel tempo", Webuild ha rivisto al rialzo i target 2025, definiti nel piano "Roadmap al 2025 – The Future is Now", che già prevedevano obiettivi ambiziosi. La nuova guidance prevede per il 2025 ricavi superiori a 12,5 miliardi (il target precedente era di 10,5-11 miliardi), un Ebitda maggiore di 1,1 miliardi, rispetto ad un precedente target di €990-1.050 milioni, e una solida cassa netta superiore a 700 milioni, rispetto all’indicazione di una cassa netta positiva.
Webuild ha chiuso il 2024 con un utile netto attribuibile ai Soci della Controllante adjusted di 247 milioni di euro contro i 236 milioni del 2023.Il risultato prima delle imposte adjusted si attesta a 434 milioni con un aumento del 10% rispetto all’esercizio precedente mentre le Imposte sul reddito adjusted ammontano a 181 milioni. La Posizione finanziaria netta delle attività continuative al 31 dicembre 2024 era positiva per 1.445 (€1.431 milioni al 31 dicembre 2023), registrando un risultato superiore alle attese. Questo risultato - si sottolinea in una nota - "conferma l’efficacia delle strategie adottate per ottimizzare la gestione del capitale circolante e riflette i successi commerciali conseguiti dal Gruppo anche nel 2024, assumendo ancora maggiore rilevanza alla luce degli investimenti in dotazioni tecniche e beni in leasing (970 milioni) per l’avvio dei grandi progetti in corso".
A fine esercizio l’indebitamento lordo, al netto dell’effetto temporaneo di incremento del debito legato all’operazione di liability management di ottobre 2024, si attesta a 2,765 miliardi (2,609 miliardi nel 2023), con un rapporto Indebitamento lordo/EBITDA di 2,9x, in riduzione rispetto al dato di 3,2x al 31 dicembre 2023. Alla luce dei risultati nell'assemblea che sarà convocata per il 16 aprile sarà proposto un dividendo di 0,081 euro per azione ordinaria (+14%) e di 0,26 euro per ciascuna azione di risparmio.
Napoli, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - In una Campania in crescita, ma ancora segnata dal fenomeno della fuga di talenti, il legame tra formazione universitaria e sviluppo economico diventa cruciale. Se ne è discusso presso la Sala D’Amato dell’Unione Industriale Napoli, durante l’evento 'Muoversi nelle professioni e sul territorio', promosso dalla Luiss e dedicato alle lauree magistrali dell’Ateneo.
“La Luiss lavora in prima linea per costruire corsi di laurea magistrale strettamente legati alle necessità del mercato del lavoro. Pur avendo sede a Roma, dedichiamo particolare attenzione alla Campania, seconda regione di provenienza dei nostri studenti e territorio ricco di opportunità nei settori chiave come turismo, agroalimentare e aerospazio. Il nostro obiettivo è collaborare con le imprese campane affinché i nostri studenti possano realizzarsi professionalmente all’interno di esse, raggiungendo posizioni apicali”, ha spiegato Enzo Peruffo, Dean della Graduate School Luiss e responsabile dello sviluppo dei percorsi magistrali dell’Ateneo.
Durante l’incontro sono state illustrate anche le caratteristiche dell’offerta formativa Luiss: “E' importante farsi guidare dalle proprie passioni e dai propri interessi, ma anche essere pronti a sviluppare nuove competenze trasversali, saper dialogare con l’intelligenza artificiale con solide competenze verticali e lavorare sulle life skills, le cosiddette competenze della vita. Solo così si potranno affrontare le trasformazioni attuali e future. Per noi è fondamentale interagire con tutte le realtà del territorio, da cui traiamo spunto per disegnare un’offerta formativa sempre più aderente alle esigenze del mercato del lavoro. Il nostro obiettivo è formare studenti altamente preparati, motivati e appassionati, in grado non solo di entrare nel mondo del lavoro, ma di costruire percorsi di carriera soddisfacenti e di successo”.
Roma, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - Si è conclusa oggi la terza edizione del Welfare day evento di riferimento per il mondo del welfare aziendale, organizzato da Comunicazione Italiana in collaborazione con Pluxee Italia, player globale leader nei benefit aziendali e nell’employee engagement. La giornata, ospitata presso Palazzo dell’Informazione in Roma e trasmessa in diretta su www.comunicazioneitaliana.tv, ha offerto spunti concreti su come le imprese possano integrare il welfare nelle proprie strategie, favorendo sostenibilità, engagement dei dipendenti e innovazione.
L'evento si è aperto con il Keynote Speech di Pluxee Italia, in cui Anna Maria Mazzini e Tommaso Palermo - rispettivamente Chief Growth Officer e Managing Director di Pluxee Italia - hanno evidenziato come il welfare aziendale stia evolvendo in una strategia collettiva, guidata dalla digitalizzazione e dalla crescente personalizzazione dei servizi. Attraverso dati e case study, è emerso come la tecnologia stia rivoluzionando la gestione del benessere dei dipendenti, rendendolo più accessibile ed efficace. Durante l’evento Pluxee ha presentato anche la nuova piattaforma welfare: un’innovazione che amplia l’offerta dei servizi offerti, basata su flessibilità, accessibilità e ampiezza del network.
Nel corso delle tre sessioni talk show, con la partecipazione di Chro, welfare manager e altre figure hr chiave di aziende del Paese, sono stati affrontati alcuni dei temi più rilevanti per il futuro del welfare. Nel primo, 'Welfare strategico: l’alleanza tra hr e business e la creazione di valore sostenibile', con la conduzione di Esther Intile di Enel Group, è stato approfondito il legame tra il welfare aziendale e la sostenibilità delle imprese. Tra i punti emersi, la necessità di un approccio integrato tra hr e business per massimizzare l’impatto positivo del welfare sulla produttività e sulla retention dei talenti.
Nel secondo panel, “Il ruolo dei benefit aziendali all'interno della strategia di welfare”, si è discusso di come i benefit siano passati da strumenti standardizzati a soluzioni sempre più personalizzate, grazie all’ascolto attivo delle esigenze dei dipendenti e all’uso di piattaforme digitali. Relatori e relatrici hanno sottolineato l'importanza di costruire un ecosistema aziendale basato sulla flessibilità e sull’inclusione, ma hanno anche posto l’accento su una criticità diffusa: troppi dipendenti non conoscono o non sfruttano i benefit a loro disposizione. Servono quindi strategie di comunicazione più efficaci per favorire un reale engagement.
Il terzo e ultimo talk show, “La centralità del welfare nelle strategie di attraction e retention”, ha posto l’attenzione sulla crescente importanza del welfare come strumento di attrazione e fidelizzazione dei talenti. Tra le best practice emerse, il rafforzamento di benefit legati alla salute, al sostegno alla genitorialità e al benessere psicologico, aspetti ormai fondamentali per le nuove generazioni di lavoratori.
La sfida è coniugare ascolto e personalizzazione, superando l’approccio one-size-fits-all e costruendo soluzioni di welfare sempre più dinamiche, scalabili e in linea con le nuove esigenze del mondo del lavoro. Un welfare aziendale davvero efficace non solo migliora il benessere di lavoratori e lavoratrici, ma genera un impatto positivo sull'intera organizzazione, contribuendo alla sostenibilità e alla crescita nel lungo periodo. Durante l’evento hanno condiviso la loro esperienza le seguenti aziende: Altergon Italia, Atac, Eidosmedia, Fater, Fedegroup, Fendi, Hewlett Packard Enterprise, Philip Morris International, Procter & Gamble, Rheinmetall Italia, Ria Money Transfer e Tim. L’evento potrà a breve essere riascoltato su www.comunicazione.tv. L’appuntamento con il Welfare day si rinnova per il 2026, con l’obiettivo di continuare a tracciare il futuro del welfare aziendale in Italia.
Milano, 13 mar. (Adnkronos) - "Procederemo a tutelare la reputazione e l’onorabilità dello studio legale Giarda nelle opportune sedi competenti, come, del resto, già avvenuto in passato nei confronti dello stesso avvocato Massimo Lovati, confidando che questa vicenda possa finalmente trovare la giusta definizione, da tempo auspicata anche dal fondatore dello studio". Gli avvocati Fabio ed Enrico Giarda, ex difensori di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, replicano così alle affermazioni del difensore di Andrea Sempio, nuovamente indagato per il delitto di Garlasco, che ha sostenuto che "l'indagine del 2017 è stata frutto di una macchinazione".
Dichiarazioni ritenute dai fratelli Giarda "del tutto gratuite e gravemente lesive. L'avvocato Lovati evidentemente dimentica che la denuncia a suo tempo presentata nel 2017 da Andrea Sempio nei confronti dello studio legale Giarda e degli investigatori incaricati è stata archiviata nel 2020 dal gip di Milano, che nella sua ordinanza ha certificato l’assoluta correttezza dell’attività di raccolta e successiva estrazione dai reperti".