Il 4 dicembre 1983 dal carcere dell’Ucciardone, Giovanni Bontate, l’uomo più ricco di Cosa nostra e fratello di Stefano, ucciso su ordine di Totò Riina, decide di affidarsi a due difensori di fiducia, un penalista (Paolo Seminara) e un brillante civilista, Renato Schifani. Lo rivela un articolo di Lirio Abbate su l’Espresso in uscita domani. Il presidente del Senato allora ha 33 anni, ed è un giovane avvocato ancora poco conosciuto nel foro palermitano. Proprio lui sarà chiamato a difendere tutte le proprietà del boss, finite sotto sequestro e a rischio confisca. Ma in ballo ci sono soprattutto due grandi società di costruzione intestate ai due fratelli Bontate, acquistati negli anni ’70 per circa mezzo miliardo di lire.
Gli atti del processo, pubblicati dal settimanale, raccontano i cinque anni impegnati da Schifani ad assistere il boss. L’avvocato studia le proprietà per sostenere, con minuziosi interventi, la legittimità delle sue ricchezze. Analizza i fondi cercando di scardinare le iniziative della procura di Palermo e della Guardia di Finanza. Schifani studia una difesa molto complessa per contrastare gli effetti della legge La Torre sui sequestri dei beni mafiosi, da un anno approvata. Nella sua memoria difensiva, Schifani sottolinea più volte i “fondati e sostanziali rilievi di incostituzionalità della legge Rognoni-La Torre”. L’attività legale prosegue fino alla Cassazione, cercando di evitare che lo Stato incamerasse il più grande sequestro di beni realizzato in quella stagione segnata della guerra di mafia scatenata da Totò Riina. Proprio i corleonesi renderanno inutile l’operato di Schifani: nel settembre 1988 Giovanni Bontate – agli arresti domiciliari per motivi di salute – e la sorella vengono assassinati in uno degli ultimi delitti eccellenti di quella stagione.
L’Espresso sottolinea il contrasto con quella che sarà la linea politica di Schifani una volta diventato senatore. Nei suoi interventi parlamentari si vanta di avere eliminato la falla che per 16 anni ha impedito di chiudere la rete intorno a molti tesori di Cosa nostra: “Questa legislatura ha dimostrato di essere partita bene per ciò che riguarda l’aggressione ai patrimoni dei mafiosi. In particolar modo sono state inasprite le norme che riguardano la possibilità di sequestrare i patrimoni, coprendo anche quelle zone d’ombra ancora esistenti nella legislazione che ci erano state segnalate da diversi magistrati”.